Consiglio di Stato: le strutture all’aperto via dopo 180 giorni

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Milleproroghe

Il Consiglio di Stato, con una sentenza lo scorso 13 febbraio, si è espresso sugli spazi all’aperto utilizzati dai privati.

di Giuseppe De Vita

Il decreto Milleproroghe (dl n. 198/2022) contenente “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi” è legge n. 14 del 24 febbraio 2023 con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ha prorogato la possibilità per i pubblici esercizi titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l’utilizzazione del suolo pubblico, di posare arredi e strutture in opera temporaneamente, senza previa autorizzazione di cui agli artt. 21 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004), su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico.

Con il proliferare delle strutture all’aperto (dehors) molte strade e marciapiedi hanno perso la loro funzione originaria, con il restringimento anche di aree pedonali.

E’ dire che questa misura, adottata nel maggio 2020, come misura anticrisi in epoca di pandemia è diventata l’amara realtà, anche ora che l’emergenza è finita.

Il Consiglio di Stato, con una recente sentenza (Sezione II n. 1489 del 13 febbraio 2023), ha descritto la situazione dell’abuso nell’uso dei dehors, considerando, altresì, che la parola “dehors” non è un termine giuridico, che trova cittadinanza nell’ordinamento.

Consiglio di Stato: le strutture all’aperto via dopo 180 giorni

Il Consiglio di Stato ha sottolineato che con queste deroghe possono aversi «potenziali situazioni di illecito di non sempre agevole individuazione, giusta l’innegabile zona chiaroscurale che finisce per generarsi». Favorite spesso da «atteggiamenti di sostanziale tolleranza o quanto meno acquiescenza» da parte delle amministrazioni, che rischiano di snaturare gli elementi richiesti dalla legge «normale» per collocare dehors.

Nonché la loro «realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale» che li ha giustificati e la loro rispondenza a esigenze che devono essere «contingenti e temporanee» (non più di 180 giorni).

Sentenza del Consiglio di Stato potrebbe porre fine alle continue proroghe

Tanto è vero che la deroga iniziale del maggio 2020 era stata motivata «ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all’emergenza da Covid-19 e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2020». Con questo atteggiamento si è andato anche ad intaccare e rendendola vana, anche la recente modifica dell’articolo 9 della Costituzione, la quale «individua il paesaggio come oggetto primario di tutela, quale contenitore ampio di connotati paesaggistici e antropologici-culturali sinonimo di bellezza». 

Anche l’istanza di sanatoria presentata dal titolare è stata giudicata inammissibile e non avrebbe sospeso la demolizione del manufatto, in quanto, si sarebbe determinata «la persistenza pluriennale di un manufatto che non avrebbe dovuto né sorgere né essere mantenuto ove collocato».

In questo caso, il Consiglio di Stato ha stabilito che nel confronto tra interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e interesse del privato alla sanatoria deve, quindi, ritenersi prevalente l’interesse pubblico a che lo stato dei luoghi sia ripristinato», seguendo soprattutto i principi stabiliti dal rinnovato articolo 9 della Carta Costituzionale.

Il legislatore deve, ora, fare tesoro di queste considerazioni e porre un freno alle proroghe.

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