Miriam Castelluzzo: un nome su una targa e un colpevole ancora libero

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Da qualche mese, il Pattinodromo di Benevento porta il nome di Miriam Castelluzzo, la giovanissima Campionessa Europea uccisa nel 1995 da mani spietate e ad oggi ancora sconosciute.

A quel tempo la vicenda scosse il capoluogo sannita e c’è chi ancora non ha dimenticato. Miriam aveva soltanto 21 anni. Una vita intera da vivere, spezzata senza un perché. Da un assassino che ha dato scacco matto alla Giustizia. Qualcuno ha mentito. E lo ha fatto così bene che non è stato possibile scoprire la verità. Un caso “freddo” che giace sommerso dalla polvere in qualche scatolone.

La vittima

Miriam Castelluzzo si era trasferita da poco in un piccolo appartamento sito nel cuore della storia di Benevento, a pochi passi dall’antico Anfiteatro Romano. Tanti amici, un fidanzato, un lavoro presso l’allora e molto rinomata gelateria Biancaneve e soprattutto una grande passione per il pattinaggio, che le era valsa il titolo europeo. A quell’età si ha la sensazione di poter avere il mondo tra le mani e forse la paura di non poterlo contenere.

Il tragico destino di Miriam si compie all’alba di un maledetto martedi di novembre.

E’ freddo e ancora buio nel lento torpore di una città che si risveglia. Secondo quanto riportato dalle cronache locali Miriam viene trovata nel bagno, agonizzante. Dal fidanzato, intorno alle 8 del mattino. La sua vita si spezzerà per sempre tre giorni dopo, il 24 novembre del 1995.

Le indagini: tante ipotesi pochissime certezze

Non fu trovato alcun segno di effrazione, né elementi che attestassero un tentativo di difesa. Chi uccise Miriam era già dentro la casa, oppure era stata lei stessa ad aprirgli la porta. Le chiavi, oltre alla vittima, le aveva soltanto il fidanzato. Non fu trovata prova che fosse stato fatto un duplicato. Nella casa fu rinvenuto il telefono del suo datore di lavoro, con il quale la ragazza aveva trascorso il pomeriggio precedente per delle commissioni.

All’assassino furono necessari all’incirca 30 secondi per soffocare Miriam Castelluzzo. In bagno. Chi aveva abbastanza confidenza con lei da poterla aggredire proprio in quel preciso punto della casa? A chi si può aprire la porta prima delle 7 del mattino? Era stata davvero lei a chiedere che le venisse prestato il telefono? Le indagini a quanto pare provarono di si.

Nessun movente, nessun colpevole

Tante le domande che sono rimaste senza un perché. Il dato di fatto è che l’unico indagato fu assolto in entrambi i gradi di giudizio e il sipario calò per sempre su un delitto che devastò gli affetti più cari di Miriam.

Le iniziative

25 anni dopo, nel quartiere dove Miriam era cresciuta, fu posta una panchina rossa, simbolo della violenza contro le donne. Le parole rotte dal dolore della madre furono riportate in un breve articolo dal quotidiano Ottopagine.it “Chi ha ucciso mia figlia, si sieda su questa panchina”. Da diversi anni esiste un gruppo Facebook per tenerne vivo il ricordo e, appunto, dal 7 marzo di quest’anno, il Pattinodromo di Benevento porta il suo nome. Si sta provando a reperire elementi che possano portare ad un riesame delle prove. Che potrebbero essere oggetto di accertamenti che a quel tempo non erano possibili. Ma non è semplice.

E’ questo l’auspicio che da più parti emerge. Perché questo fallimento non è soltanto quello della Giustizia terrena. E’ il tragico fallimento di ciascuno di noi.

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