Mercati: l’alluvione rallenta la crescita

0
242
Mercati
Foto di Lorenzo Cafaro da Pixabay

L’alluvione fa sentire i propri effetti sulla crescita dei mercati. Nel primo trimestre di quest’anno, dopo un lieve calo a fine 2022, è proseguita la fase di espansione dell’economia italiana (+0,6% la variazione congiunturale), portando la crescita acquisita del 2023 a +0,9%.

di Luigi Grosso

Crescita confortante dai mercati già nel 2022

Secondo il FMI le prospettive economiche appaiono, tuttavia, meno favorevoli, con una crescita di appena del 2,7% complice un contesto internazionale in mercato rallentamento. I segnali di una possibile inversione del ciclo economico sono riconducibili alla crescita incontrollata dei prezzi delle materie prime, al repentino rialzo dei tassi di interesse e al protrarsi della guerra in Ucraina.

Sono tutte criticità che rischiano di compromettere seriamente il sentiero di crescita dell’economia italiana intrapreso negli ultimi anni. Le persistenti difficoltà di offerta, legate all’indisponibilità di alcuni materiali fondamentali per comparti produttivi ritenuti primari e di prodotti intermedi a livello globale. La crescita vertiginosa di prodotti extra UE rischia di bloccare interi comparti produttivi.

Da fine anno, inoltre, è esploso con forza anche il problema dell’inflazione, la reazione delle banche centrali, la crisi di alcune banche statunitensi e le possibili conseguenze su quelle europee, fa prevedere un brusco  (forse incontrollato) rialzo dei tassi di interesse. Nel dettaglio l’ISTAT prevede che in Italia l’indice di inflazione armonizzato con il resto dell’Ue (IPCA) si attenui quest’anno al 6,6%, per poi continuare a moderarsi al 2,9% nel 2024 e al 2% sia sul 2025 che sul 2026.

Il Pil italiano è atteso in crescita sia nel 2023 (+1,2%) sia nel 2024 (+1,1%), seppur in rallentamento rispetto al 2022. Lo rileva l’Istat nel Report “Le prospettive per l’economia italiana”. Ci si attende – sottolinea l’Istat – che i consumi delle famiglie residenti e delle Isp (istituzioni sociali private al servizio delle famiglie) segnino, in linea con l’andamento dell’attività economica, un aumento nel 2023 (+0,5%), che si rafforzerà l’anno successivo (+1,1%), «grazie all’ulteriore riduzione dell’inflazione associata a un graduale recupero delle retribuzioni e al miglioramento del mercato del lavoro»

Mercati: l’alluvione rallenta la crescita

Nel primo trimestre di quest’anno, dopo un lieve calo a fine 2022, è proseguita la fase di espansione dell’economia italiana (+0,6% la variazione congiunturale), portando la crescita acquisita del 2023 a +0,9%. L’Istat segnala però che «i segnali per i prossimi mesi suggeriscono, nonostante l’avvio particolarmente positivo, un rallentamento dell’attività economica nel prosieguo dell’anno, sottolineando che dopo il primo trimestre la crescita acquisita del Pil era allo 0,9% e per l’intero 2023 si attende un +1,2%. A pesare sarebbe la decelerazione degli scambi con l’estero, l’incertezza sulla guerra in Ucraina ma anche “l’ulteriore fattore di rischio” che potrebbe venire dalle conseguenze economiche, soprattutto sul settore agricolo, dell’alluvione in Emilia Romagna.

Ne comparto delle costruzioni, settore lavori, si è registrata una crescita dovuta in particolare all’imponente aumento del 139,7%, rispetto all’anno precedente (il cui valore nel 2022 ammonta a circa 108,1 miliardi di euro rispetto ai circa 45,1 miliardi di euro del 2021). Tale aumento è dipeso anche da alcuni importanti appalti in ambito ferroviario, autostradale ed energetico, tra cui in particolare, un appalto in concessione, di oltre 19 miliardi di euro, nel settore ordinario esperito tramite una procedura aperta dalla stazione appaltante “Concessioni autostradali lombarde S.p.A.”, relativo ad un “affidamento della concessione per la progettazione definitiva, esecutiva, costruzione e gestione dell’autostrada regionale

All’interno di questo contesto, appare cruciale l’evoluzione degli investimenti in costruzioni, che sono stati il principale motore di crescita dell’economia italiana negli ultimi anni. Circa un terzo, infatti, della crescita del Pil nei periodi considerati è attribuibile all’edilizia. Questa dinamica ha rappresentato una peculiarità tutta italiana, discostandosi in maniera marcata da quanto accaduto nei principali paesi europei.

Se in Italia, nel 2022, il contributo del settore delle costruzioni alla formazione del Pil è stato circa pari al 27% (negli anni d’oro rappresentava circa il 34% del PIL) della crescita registrata (+10,00 %), in Francia del 24% dell’aumento del Pil (+7,3%).

In Germania il Pil (+3,2%) non ha avuto alcun sostegno dalle costruzioni, mentre in Spagna il contributo degli investimenti in costruzioni è stato addirittura negativo sul Pil (+7,5%).

In questo contesto, il settore delle costruzioni conferma il percorso di crescita, intrapreso ad inizio del 2021, dopo la battuta d’arresto registrata nell’anno della pandemia che si interromperà attraverso un rallentamento del mercato delle opere pubbliche che si registrerà per l’anno in corso.

La nota di Aggiornamento del DEF 2022, registra un ridimensionamento degli investimenti fissi lordi della P.A. (-3,3%), spiegato dalle difficoltà attuative del PNRR, che hanno reso necessario il rinvio di alcuni investimenti dal 2022 agli anni successivi.

Un’ulteriore conferma emerge dai dati della Ragioneria Generale dello Stato sulla spesa in conto capitale dei comuni che, nel terzo trimestre dell’anno in corso, segnano una prima battuta d’arresto (-1%), rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, dopo due trimestri positivi.

Per il comparto delle opere pubbliche accanto alla riqualificazione edilizia, il settore delle costruzioni riveste un ruolo importante nelle politiche di sviluppo dell’economia definite nel PNRR. Infatti, circa la metà delle risorse disponibili riguarda interventi di interesse per il settore (108 miliardi sui 222 previsti) e le riforme, che accompagneranno gli investimenti, riguardano ambiti prioritari per l’attività edilizia. Si pensi, tra le altre, alla riforma della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, della Concorrenza, ecc.. Si tratta di investimenti e riforme che potranno gettare le basi per uno sviluppo duraturo che non dovrà esaurirsi con la conclusione del Piano, nel 2026, ma innescare un processo di crescita sostenibile e di lungo periodo.

A queste risorse si sommano, poi, i fondi della politica di coesione nazionale ed europea della nuova programmazione 2021-2027 (circa 149 miliardi di euro nel periodo), e gli ulteriori finanziamenti pluriennali destinati agli investimenti e alle infrastrutture dalle ultime manovre di bilancio.

Sui futuri sviluppi del settore, in termini di produzione, è forte l’impatto che le tensioni geopolitiche con la Russia, in particolare per le forniture di gas naturale all’Europa, sta avendo anche sul settore delle costruzioni e sulla sua lunga filiera, con effetti sui livelli produttivi che saranno evidenti nel prossimo anno.

La revisione PNRR relativa a Giugno 2023, parte da 120 misure a rischio perché hanno accumulato ritardi, solo undici degli investimenti in bilico valgono 17 miliardi. Si tratta con la Ue per la quarta rata, ultimatum ai Comuni: fuori chi non riesce ad aggiudicare i lavori entro fine settembre.

La dinamica degli investimenti in opere pubbliche nel 2023 è il risultato, con rifermento alle opere del PNRR, della prosecuzione di opere già in corso e dell’avvio dei “progetti in essere”, ovvero dei progetti previsti da precedenti programmi di spesa e ricompresi nel Piano europeo non certo nuovi progetti strutturati per rispondere alle reali esigenze del paese in funzione del Piano.

Per gli investimenti in recupero abitativo, giunti a rappresentare circa il 49% del totale settoriale, si è registrato per il 2022 un segno particolarmente positivo (+24% circa) dopo gli eccezionali livelli già registrati nel 2021 (+25% su base annua).

La dinamica registrata nel biennio 2021-2022, è facilmente spiegata dalle possibilità offerte dagli incentivi per la ristrutturazione e riqualificazione del patrimonio abitativo: il Superbonus 110% e la possibilità di cedere i crediti maturati estesa anche agli altri bonus “ordinari”.

Per il 2023 con la modifica delle procedure e delle norme si registreranno decrementi rispetto al 2022 nell’ordine del -65% circa.

A fine anno 2022, si sono registrati aumenti del 30,0 % circa in numero e del 24,0%circa  nell’importo, ovvero più di 70.000 interventi aggiuntivi, per un valore corrispondente di circa 10 miliardi

Non solo nuovi stanziamenti per la realizzazione degli investimenti in ambiti prioritari, quali la messa in sicurezza del territorio e degli edifici pubblici e lo sviluppo sostenibile (efficientamento energetico e mobilità), ma anche maggiori incentivi alle politiche di investimento introdotti, ad esempio, in sede di revisione delle regole contabili sul pareggio di bilancio. A ciò̀ si aggiunga una omologazione nelle procedure dei diversi programmi di spesa che ha facilitato la gestione degli stessi da parte degli enti territoriali. La stima del comparto delle opere pubbliche per il 2023, infine, tiene conto anche di un primo effetto acceleratorio determinato dal PNRR avvenuto nel primo trimetre, soprattutto con riferimento ai programmi di spesa già in essere che sono stati ricompresi nel Piano.

L’anno in corso si è aperto con alcune importanti criticità̀ che potrebbero compromettere la ripresa del settore delle costruzioni. Oltre agli eccezionali incrementi dei prezzi dei principali materiali da costruzione e all’accelerazione dell’inflazione – problematiche già esplose nel corso del 2021 – si è, infatti, aggiunto un ulteriore fattore di incertezza, ovvero l’introduzione di forti limitazioni alla cessione del credito nel recente decreto Sostegni-ter, che hanno bloccato gli investimenti sin dai primi mesi del 2022.

Forti dubbi rappresenta la condizione del naturale rallentamento dei “bonus” dopo la fatidica data del 25 novembre che rappresenta un cambio di passo del Governo anche in relazione alle considerevoli truffe ed inadempienze rilevate dalle autorità di controllo e giudiziarie.

La ripartizione del volume di affari del settore del 2022.

Mercati ed occupazione: chiari i dati del monitoraggio

Le costruzioni, dopo una crisi decennale, sono finalmente in ripresa e, negli ultimi due anni, hanno potuto nuovamente svolgere, come molte volte in passato, un importante ruolo di volano per l’economia, contribuendo per oltre un terzo alla crescita del Pil annuale. Tale espansione si riflette anche sui livelli occupazionali, i quali nell’anno in corso manifestano incrementi a doppia cifra.

I dati del monitoraggio della CNCE su 113 casse edili / edilcasse segnano un aumento nel 2022 del +21,2% del numero di ore lavorate e del 17,1% del numero dei lavoratori iscritti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tale andamento positivo segue già l’ottima performance dello scorso anno che aveva segnato incrementi prossimi al 30% per le ore lavorate e superiori al 10% per i lavoratori iscritti.

Anche i dati Istat sulle forze di lavoro forniscono conferme in tal senso: nel 2022 gli occupati nelle costruzioni sono circa 1.480.000 e rappresentano il 24,2% dei lavoratori operanti nell’industria nel complesso e il 6,0% di quelli nell’intero sistema economico nazionale.

Rispetto alla prima metà dello scorso anno si registra una ulteriore crescita tendenziale del 6,2%, il risultato migliore tra tutti i settori di attività economica, per l’intero   sistema      economico nazionale l’aumento di lavoratori si ferma al +2,6%. Tale accelerazione segue il già robusto incremento rilevato nel 2021 (+7,7% di occupati su base annua).

L’aumento dei livelli occupazionali degli ultimi anni sta progressivamente riducendosi, sebbene sia ancora ben lontano dal compensare la consistente caduta dei livelli occupazionali accumulata in dieci anni di grave crisi settoriale, che ammonta a oltre 600mila posti di lavoro persi nel settore.

Tornando ai risultati del 2022, emerge che la crescita degli occupati nel settore (+9,4%) è dovuta soprattutto ai lavoratori dipendenti, i quali incidono per i due terzi sul totale e risultano in aumento del 11,1% rispetto al 2021.

La ricostruzione della serie storica da parte dell’Istat consente anche di fornire qualche indicazione a livello territoriale.

Il Centro e il Mezzogiorno registrano gli aumenti di occupazione settoriale più sostenuti pari, in entrambe le zone della penisola tale risultato è stato trainato dall’ottima performance dell’occupazione dipendente.

Al Nord, l’incremento complessivo è stato del 6,6%, sintesi di un aumento del 5,4% della componente più strutturata e di un tasso maggiormente sostenuto per gli indipendenti (+8,5%, dopo la stazionarietà del 2021).

Leggi anche:

Contributo esterno

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui