Benevento, seminario sulla Crisi d’Impresa – I nuovi organi di gestione delle procedure

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Ieri pomeriggio a Benevento, presso l’Università Telematica “Giustino Fortunato”, si è tenuto un interessante seminario sulla crisi d’impresa dal titolo “I nuovi organi di gestione delle procedure”.

di Giovanni Barretta

Benevento, 5 aprile 2022 .

L’unione nazionale Camere Civili e la Camera Civile di Benevento a convegno su “I nuovi organi di gestione delle procedure” nella crisi d’impresa

Ieri pomeriggio a Benevento, presso l’Università Telematica “Giustino Fortunato”, si è tenuto un interessante seminario sulla crisi d’impresa dal titolo “I nuovi organi di gestione delle procedure”. L’incontro è stato organizzato dall’Unione Nazionale Camere Civili, dalla Camera Civile Benevento-Ariano Irpino e dagli ordini professionali dei Dottori Commercialisti e degli Avvocati, con il patrocinio della Camera di Commercio Irpinia-Sannio e della nostra testata.  

Leimotiv del seminario le novità introdotte dal nuovo Codice della Crisi dell’impresa e dell’Insolvenza (CCII), che ha riformato radicalmente il codice del fallimento risalente al 1942, introducendo nuovi istituti, procedure e modalità per affrontare più efficacemente e tempestivamente  la crisi  e le incertezze, sempre più incalzanti,  che dominano l’attuale scenario economico nazionale.

Tra gli obiettivi che il legislatore ha voluto porre a base della riforma, sicuramente, vi è la necessità di individuare strumenti di emersione anticipata della crisi che consentano di favorire una sua rapida risoluzione, preservando la continuità aziendale. Ciò costituisce, infatti, la premessa per conservare il tessuto imprenditoriale, salvaguardare così i livelli occupazionali, garantendo, al contempo, il miglior  soddisfacimento dei creditori. La parola d’ordine è, comunque, agire con “tempestività”, evitando i rischi di un’inutile quanto dannosa procrastinazione dell’attività aziendale. Per salvare o risanare l’impresa occorre, infatti, intervenire con immediatezza ed in modo efficace; non sono più ammessi ritardi in un mondo, quello dell’economia reale, che procede anch’esso con ritmi frenetici,  per effetto di una competitività sempre più aggressiva e  oramai globale .

 Dopo i saluti istituzionali di rito, il seminario è entrato nel vivo, articolandosi   in due distinte sessioni di lavoro.

Nella prima, moderata dall’Avv. Lara Mutascio, dedicata ad analizzare l’istituto della Composizione Negoziata della Crisi , la figura dell’esperto , la procedura del concordato semplificato e il ruolo dell’ausiliario; sono intervenuti  la Prof.ssa Stefania Pacchi (ordinario di Diritto Commerciale presso l’Università di Siena), il Dott. Massimo Zeno (Commercialista e docente di Crisi d’Impresa presso l’Università Giustino Fortunato di Benevento) e il Dott. Miche Monteleone (Presidente del Collegio Esecuzioni e Fallimenti presso il Tribunale di Benevento). La seconda sessione, moderata dal Dott. Fabrizio Russo (Presidente del locale Ordine dei Commercialisti), ha approfondito, invece, le  questioni poste da “il nuovo concordato preventivo, il risanamento nella continuità aziendale,  il trattamento dei crediti erariali, la continuità aziendale a vantaggio della liquidazione, il ruolo del liquidatore giudiziale”.

Su questi temi si sono avvicendati, in un animato dibattito, alcuni tra i più noti esperti nazionali della materia: il Prof Paolo Bastia (ordinario di economia aziendale presso l’Università di Bologna), il Dott. Pietro Papaleo (commercialista in Genova), il Prof. Antonio Costa (ordinario di Economia  aziendale presso  l’Università del Salento) e l’Avv. Antonio Pio Morcone (avvocato del foro di Benevento ed esperto di crisi d’impresa).

Gli strumenti stragiudiziali a servizio del risanamento: la composizione negoziata

Un particolare focus durante i lavori è stato aperto dalla Prof.ssa Stefania Pacchi  sul nuovo istituto della Composizione Negoziata. Si tratta di uno strumento di tipo stragiudiziale che consente d’intervenire tempestivamente per prevenire la crisi e l’insolvenza, utilizzabile da tutte le imprese, individuali o collettive, e da qualsiasi imprenditore, commerciale o agricolo.

L’obiettivo è di accompagnare l’impresa in un percorso di risanamento. Nel piano prospettato ai creditori l’imprenditore deve appunto individuare concretamente questo percorso, condizione necessaria  per avviare la negoziazione con le parti e trovare la soluzione alla crisi aziendale. Decisivo, a tal fine, l’intervento di un Esperto,  nominato dalla Camera di Commercio,  che avrà il ruolo di agevolare le trattative con i creditori e facilitare il risanamento. Trattandosi di uno strumento stragiudiziale, il Tribunale sarà investito solo quando e se saranno richieste le particolari misure protettive e cautelari previste dalla legge.

L’Esperto è tenuto ad operare secondo precisi canoni di imparzialità ed indipendenza, rimanendo equidistante dalle parti. Questi, oltre  a dover garantire autonomia e separatezza dal debitore, deve  essere dotato di specifiche competenze professionali Egli è, infatti, chiamato   a svolgere un ruolo decisivo –  con gli advisor, i creditori e l’Erario- nell’analisi  e valutazione del piano e nelle  gestione delle trattative dirette alla risoluzione della crisi, ripristinando l’equilibrio patrimoniale ed economico-finanziario.

L’Esperto deve, inoltre, valutare (in continuo) l’effettiva sussistenza delle possibilità di risanamento dell’azienda , vigilando e fornendo le dovute garanzie ai creditori.

Accanto alla Composizione Negoziata, nel corso dei lavori seminariali sono stati poi illustrati gli altri strumenti di tipo stragiudiziale previsti dal nuovo Codice della crisi, come il Concordato semplificato e gli Accordi di ristrutturazione.

LE NUOVE COMPETENZE RICHIESTE ALL’IMPRENDITORE PER FARE IMPRESA: L’ADEGUATEZZA DEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI

L’obiettivo dei nuovi strumenti di risanamento e del Codice della crisi, com’è stato messo in evidenza nella seconda sessione dei lavori seminariali, è anche quello di intervenire sui criteri posti a fondamento della stessa attività imprenditoriale.

Del resto, già a partire dal 2019, questa esigenza è stata declinata concretamente, ponendo l’accento sulla rilevanza dell’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili , che riguarda tutti gli imprenditori, anche quelli individuali, modificando sostanzialmente l’art.2086 del cod. civ.. Oggi l’imprenditore per fare impresa deve avere ed affinare quelle giuste competenze tecniche richieste dall’attività e dal comparto in cui opera, adeguando gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili.

In mancanza, in caso di crisi o peggio di dissesto, le sue responsabilità saranno evidenti da subito e facilmente individuabili. Si tratta, dunque, di una sfida nuova che anche gli imprenditori dovranno necessariamente assumere, non potendosi più basare l’esercizio dell’attività imprenditoriale sulla semplice intuizione o assenza di organizzazione e pianificazione.

Il concordato preventivo nella riforma del codice della crisi

 Il tema del Concordato Preventivo  nel nuovo  Codice della crisi  è stato affrontato più dettagliatamente nel corso del seminario dal Prof. Paolo Bastia,  professore ordinario di economia aziendale presso l’Università di Bologna.  Secondo Bastia il vero obiettivo del concordato deve essere quello di preservare la continuità, come condizione necessaria  per puntare al risanamento dell’impresa. La stella polare di questo strumento  non è solo rappresentata dai creditori ma, per l’appunto,  anche dalla continuità, che significa  tante cose, e, in particolare,  la tutela dell’interesse pubblico e  la salvaguardia dei livelli occupazionali. Con la riforma e gli adeguati assetti organizzativi  si pone, infatti, grande attenzione sul rischio di fare oggi impresa.

Da Benevento,  l’esimio esperto dell’Università di Bologna  evidenzia come il tema debba interessare tutte le aziende,  anche quelle non in crisi. Gli adeguati assetti  riguardano, infatti,  tutti quelli che fanno impresa, anche le aziende sane, che devono con continuità monitorare i rischi finanziari e patrimoniali con proiezioni  almeno a 12 mesi. Se la crisi è rilevata tempestivamente, il risanamento non è difficile e drammatico. I creditori  sono tenuti, peraltro,  a valutare la logica della continuità , trovare la conciliazione dei propri interessi con quelli delle esigenze della continuità.

In questo nuovo scenario il Commissario giudiziale ha tanti ruoli  diversi, con  compiti di vigilanza, consultazione ed informazione e, finanche,  di consulenza. Tali attività vanno viste in continuità anche nel medio lungo termine. Esistono, infatti, tre principali fasi della procedura:

1) dalla presentazione della domanda fino all’ammissione;  

2) dalla fase dell’ammissione all’omologa ;

3) dall’omologa fino  alla completa esecuzione del piano.

Il Commissario deve andare in azienda;  non basta solo spulciare le carte, ma annusarla,  vigilando costantemente ed assolvendo a tutti  gli obblighi informativi. Occorre vigilare che la continuità non aggravi, però,  lo squilibrio finanziario e che non vi siano atti in frode (nel caso informarne la Procura e il Tribunale).

In questa fase il Commissario è anche impegnato a rilasciare  pareri per le prescritte autorizzazioni del giudice. Se sono state concesse le misure protettive, il Commissario può fornire consulenza per le trattative con i creditori con valutazioni sostanziali sul merito del piano e sul suo impatto. In questa fase deve anche redigere l’inventario .

Nella propria attività di vigilanza, prima di tutto, il  Commissario deve analizzare le cause del dissesto (lo stato di gravità della crisi, le responsabilità degli organi sociali per le eventuali azioni di responsabilità), al fine di fornire un giudizio completo sulle possibilità concrete di uscire dalla crisi. Il Commissario è, quindi,  tenuto ad esprimere un argomentato giudizio circa la fattibilità e convenienza della proposta (rispetto anche all’ipotesi liquidatoria): un giudizio da fornire ai creditori per consentire a questi  di  poter esprimere un consenso pienamente informato. Bastia, infine, evidenzia come il piano debba essere un vero e proprio piano industriale, di contenuto progettuale e di business (in particolar modo, in ipotesi di continuità diretta).

Interessante è poi la novità  che recano le nuove norme,  secondo cui il piano per la continuità debba essere capace di  stimare anche i costi  occorrenti per la sicurezza del lavoro e la tutela ambientale. C’è, quindi,  una strategia sociale che il piano deve adesso avere. Evidentemente, per giudicare con completezza  la fattibilità del piano e della proposta, è necessaria anche una corretta  valutazione degli adeguati assetti organizzativi.

Le interviste ai protagonisti dell’incontro

Alla fine del seminario, sul tema della crisi d’impresa alla luce della riforma, abbiamo raccolto le testimonianze ed il punto di vista di un magistrato e di un operatore del settore, entrambi massimi esperti della materia e  tra i principali protagonisti dell’evento: il  Dott. Michele Monteleone e il Prof. Antonio Costa.

Al Dott. Michele Monteleone, magistrato,  Presidente del Collegio Esecuzioni e Fallimenti del Tribunale di Benevento,  che  ha curato anche  il nuovo manuale su “Gli organi del vigente codice della crisi d’impresa”, realizzato con l’Unioncamere e l’associazione AOID, abbiamo rivolto alcune domande sulle prospettive  che oggi si delineano con il nuovo Codice della crisi.

Dott. Monteleone, secondo lei, la riforma della legge fallimentare con il nuovo Codice della crisi, entrato finalmente a pieno regime, saprà rispondere alle istanze ed attuali esigenze che vengono dal mondo delle imprese?

(Monteleone): “La ratio e lo spirito del Codice della Crisi è soprattutto quello di sostenere ed accompagnare, laddove possibile, il percorso di ristrutturazione e risanamento dell’azienda, garantendone la continuità, piuttosto che determinarne la definitiva liquidazione. Ad esempio, la Composizione Negoziata, oramai ad un anno dalla sua entrata in vigore, registra ancora un  limitato accesso da parte delle imprese, perché ciò richiede un cambio culturale,  che ha bisogno di tempo per essere metabolizzato da parte di tutti i diversi stakeholders del sistema (debitore, ausiliari, banche, advisors, professionisti, Erario e tutti gli altri creditori) che intervengono, a vario titolo, sul proscenio della crisi d’impresa”.

Dal 1 aprile scorso è partito il nuovo Albo dei Curatori, unico albo a livello nazionale. Questo nuovo sistema di reclutamento degli ausiliari del giudice, che comunque all’inizio ha destato qualche perplessità circa i criteri per accedervi, secondo lei, sarà in grado di garantire maggiore efficienza e trasparenza nella gestione delle procedure?

(Monteleone): “L’istituzione dell’Albo dei Curatori sarà sicuramente capace di garantire l’accesso al sistema degli incarichi a favore di professionisti dotati di precise competenze specialistiche che potranno, peraltro, agire su tutto il territorio nazionale, garantendo al contempo un approccio sempre più orientato all’affermazione della professionalità etica e deontologica”.

Quali sono, secondo lei, le questioni non ancora risolte dal Codice della Crisi?

(Monteleone): “Il legislatore ha cercato di dare una risposta a tutte le questioni, ovviamente, l’effettiva attuazione del corpo normativo rivelerà criticità applicative che a quel punto dovranno essere risolte con un intervento correttivo del legislatore, ovvero, in via di supplenza, more solito, dalla giurisprudenza”.

Ad Antonio Costa, relatore al seminario di Benevento, nonché uno degli autori del manuale  sulla crisi d’impresa a cura del dott. Monteleone, abbiamo chiesto qualche dettaglio in più in merito alla liquidazione giudiziale ( la nuova denominazione che ha assunto il  fallimento con il Codice della crisi).

Prof. Costa, secondo lei, la liquidazione giudiziale del nuovo CCI costituisce una nuova procedura? 

(Costa): “Di fatto si supera il vecchio fallimento. Anche la terminologia dà il senso della vera novità. Una procedura che nasce per interrompere le attività d’impresa a causa della crisi irreversibile. Una procedura che si pone come obiettivo la miglior liquidazione delle attività aziendali nell’ottica della migliore soddisfazione dei creditori. Ma ciò non significa che non vi sia la possibilità, seppur temporanea, di una prosecuzione dell’attività d’impresa. L’indirizzo teso a salvaguardare la continuità delle attività ed a conservare i mezzi produttivi organizzati trova fondamento nelle recenti direttive europee”.

Perché  secondo lei ci potrebbe essere lo spazio per una prosecuzione delle attività, se pur a tempo?

(Costa): “Vi potrebbe essere il rischio di una perdita dell’avviamento o anche delle conoscenze acquisite dal personale interno. Per scongiurare ciò vi potrebbe essere lo spazio per una prosecuzione delle attività d’impresa diretta (a cura del curatore che si sostituirebbe al soggetto aziendale) o indiretta (affitto di azienda ad un terzo). Si tratterebbe comunque pur sempre di qualcosa di temporaneo legato alla migliore soddisfazione della massa dei creditori.

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