Autonomia differenziata: “La riforma che spaccherà l’Italia prosegue ad una velocità estremamente preoccupante”

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Autonomia differenziata: “La riforma che spaccherà l’Italia prosegue ad una velocità nuova ed estremamente preoccupante in uno dei momenti economici e sociali peggiori dal dopoguerra ad oggi”. Intervista alla ex senatrice Paola Nugnes.

Autonomia differenziata: le considerazioni dell’ex senatrice

Buongiorno Paola, oggi ho il piacere di affrontare con lei uno temi che occupa la scena politica di questi giorni: l’autonomia differenziata. Quali sono le sue considerazioni rispetto all’autonomia differenziata e quali sono per lei eventuali rischi.

“Difficile riassumere in poche parole un errore istituzionale di questa portata. La stessa riforma del titolo V della Costituzione del 2001 è stato un errore. Una maldestra interpretazione della volontà costituzionale di riconoscere e promuovere le autonomia locali. Il titolo V non è coerente con i principi fondamentali che sono incisi nei primi dodici articoli della Costituzione. Riguardano i diritti inviolabili dell’uomo; i doveri inderogabili di solidarietà politica; economica e sociale. I diritti di pari dignità sociale, di uguaglianza, di condizioni personali e sociali. Ma anche i compiti dello Stato di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Nonché l’unitarietà e l’indivisibilità della Repubblica.

Autonomia differenziata: eventuali rischi

Questo errore è ormai riconosciuto da illustri costituzionalisti e diverse proposte di legge di modifica sono state depositate in Parlamento a riguardo (una firmata anche da me). Eppure la riforma che spaccherà l’Italia prosegue ad una velocità nuova ed estremamente preoccupante in uno dei momenti economici e sociali peggiori dal dopoguerra a d oggi. Le regioni richiedono 23 materie, oltre 500 funzioni, che renderanno l’Italia un paese diviso, più povero, più diseguale ed impossibile da amministrare a livello unitario. Dalla scuola alla sanità, definitivamente, al lavoro; finanche alla sicurezza sui luoghi di lavoro; ai trasporti; ai porti, ed ai criteri per individuare le zone a rischio sismico. Anche per l’ambiente, le valutazioni di impatto ambientale, persino sulle violazioni delle normative UE, ci saranno criteri regionali differenti. Le regioni vigileranno su sé stesse, sulle violazioni commesse. “

Come sarà l’Italia?

“Una Italia fatta a pezzetti, divisa in tanti staterelli, disuguale, per sempre. Dalle intese non si torna indietro. Sono pensate come patti tra la regione e lo stato, senza l’intervento del Parlamento completamente esautorato, come avviene per le intese tra due stati esteri. Dalle intese si esce solo se la regione che le ha chieste, lo richiede. Verranno trattenuti, è stato calcolato, circa 90 miliardi statali sui territori già più ricchi, là dove per riequilibrare gli squilibri economici generati da un cattivo modello di sviluppo ce ne vorrebbero altrettanti, in mano Statale da ridistribuire sui territori più svantaggiati del sud e delle aree interne del nord.”

Autonomia differenziata: crede che la definizione dei LEP possa fermare le disuguaglianze?

“I LEP non sono la soluzione, ma sono la truffa. Una ipotesi di riforma pericolosissima: innanzitutto i livelli essenziali di prestazione non sono i livelli uniformi di prestazione. E questo già ci dovrebbe dare il senso della pericolosità di voler stabilire degli standard minimi là dove si parla di diritti civili e sociali, che devono essere diritti uguali per tutti, come la Costituzione prevede nella definizione dei suoi principi fondamentali negli articoli 2, 3, 5…

Inoltre gli standard minimi non hanno coperture. Ciò è stabilito dal comma 793 della legge di bilancio, e lo dice la legge Calderoli. Là dove, è stato calcolato, ci vogliono dai 60 agli 80 miliardi per coprire i livelli uniformi di prestazione, ci vorrebbero insomma quasi 100 miliardi per coprire il divario territoriale. E con le intese, le regioni differenziate tratterranno sui loro territori, ingiustamente e iniquamente, circa 90 miliardi che ora sono dello Stato centrale. Sarà un modo per inchiodare le regioni alla sciagurata spesa storica che storicamente ha generato un divario inaccettabile tra il sud e il nord; e tra alcune aree interne e quelle centrali, anche del nord. Anzi con un calcolo semplice di aritmetica sarà il modo per raddoppiare il divario.

Strage di migranti.

Prima di salutarci, un’ultima domanda. Rispetto alle dichiarazioni del ministro Piantedosi di fronte alla strage dei migranti: “il problema non è salvarli o non salvarli, il problema è non farli partire”, lei crede che sia un modo per non assumersi responsabilità, o per non riconoscere il fallimento di una politica che ha radici lunghe nelle posizioni di Lega e di Fratelli d’Italia. O cosa?

“La responsabilità della migrazione è di tutti noi occidentali che viviamo il nostro benessere o apparente benessere sulle spalle di un’altra parte del pianeta. Abbiamo costruito il nostro modello di sviluppo sulla pelle di altra popolazione: delle popolazioni del sud del mondo.”

In che modo?

Sfruttando le loro materie prime, dal petrolio alle terre rare. Alimentando guerre che possano tornarci utili nell’instabilità politica e istituzionale, per “orientare” a nostro piacimento il governo di quei territori, per impossessarci di giacimenti e gestire gli appalti per le ricostruzioni. Siamo gli “accaparratori delle terre agricole”, i fautori del land grabbing che con flussi di ingenti capitali che provengono anche dagli stati, dai consigli di amministrazione di grandi aziende anche a partecipazione statale, o investitori privati, ci impossessiamo delle terre fertili del sud del mondo. Siamo i neocolonialisti del XXI secolo, ma siamo anche i paesi colpevoli del cambiamento climatico che costringono le popolazioni a emigrare perché le loro terre sono diventate inabitabili per scarsità di acqua e di cibo a causa della siccità.”

Come possiamo pensare di non assumerci la responsabilità di tutto questo?

“Ma non si tratta neanche solo di questo, di non volersi assumere responsabilità o di non voler ammettere fallimenti, si tratta proprio di un’ulteriore forma di sfruttamento. L’immigrazione illegale genera lavoro nero, lavoro sfruttato, nuova schiavitù, e questo conviene a molti imprenditori terrieri, manodopera a basso costo, sfruttata e ricattata. I morti nei nostri mari, ma non solo, sono tutti una nostra precisa responsabilità, nostra e di tutta l’Europa, ma non da adesso, non è questione solo di questo governo di destra e del pessimo Piantedosi, i primi errori legislativi hanno radici indietro negli anni nei primi decreti immigrazioni, da Prodi, mi duole dirlo, a Minniti-Orlando, ai tremendi decreti Salvini, ai pannicelli caldi delle modifiche della Lamorgese.”

Ringrazio Paola Nugnes per questa intervista.

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