Milei in Argentina: «Non ci saranno mezze misure». Partono le proteste. Scontri e arresti

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Ed ecco il programma: Privatizzazioni, licenziamenti, divieto di manifestare.

«I cambiamenti saranno drastici. Non ci saranno mezze misure». Questo era l’annuncio che Milei fece all’indomani della sua vittoria in Argentina. E sono ancora freschi gli echi degli slogan usati da Milei, che oggi appaiono sempre più come la realizzazione di un programma economico, drastico e, a quanto pare, impopolare.

Privatizzazioni e licenziamenti di massa, divieto di manifestare nel Decreto di necessità e urgenza (Dnu)

E contro di esso è partita una denuncia collettiva di incostituzionalità, accolta da un giudice federale argentino. L’accusa è di “abuso di potere”. In migliaia sono scesi in piazza per protestare. Le principali organizzazioni sindacale in testa alle proteste.

Sicurezza, Economia e Infrastrutture sono ministeri strategici e sono quelli che stanno determinando i fondamentali cambiamenti nel Paese. Privatizzazione delle aziende statali, licenziamento di dipendenti statali, divieti e restrizione delle manifestazioni. E così vi sono stati già i primi arresti e diversi autobus con manifestanti a bordo sono stati bloccati, come riporta l’agenzia adkronos il 27 dicembre.

Il Reportage di Arte

Dal reportage su Arte riprendiamo alcuni screen per focalizzare il momento appena successivo alle elezioni.

Una analisi la fa il professore universitario Pablo German Petraglia «Non credo che ci sia il rischio di una dittatura. Oggi il Paese è lontano da questa logica. E non credo che Milei potrà realizzare molte sue promesse elettorali perché dovrà passare dal Congresso dove non ha la maggioranza. Se imponesse decreti in nome dell’emergenza violerebbe il patto repubblicano e la separazione dei poteri e deluderebbe i suoi elettori. La sua base elettorale potrebbe restare delusa molto rapidamente, e questo è pericoloso». Milei vuole privatizzare tutte le aziende pubbliche, ferrovie, università, emittenti pubbliche. Del resto, non lo ha negato. Anzi è stato un suo cavallo di battaglia. Neopopulista e ultraliberista di estrema destra ha tentato di mettere in atto una politica economica che fin da subito ha visto il “risparmio” sul numero dei ministeri, passati a nove, contro i diciotto del governo precedente. Questo significa minore rappresentatività e maggiore concentrazione di poteri in mano di una minoranza. Una élite che si può più facilmente controllare.  Si eliminano i ministeri dell’Educazione, della Cultura e quello delle donne, genere e diversità, assieme a quelli dedicati alle opere pubbliche, ai Diritti Umani, allo Sviluppo del Territorio, allo Sviluppo Sociale, alla Difesa dell’Ambiente.

L‘intesa con Macrì

Nella immagine di sopra, tratta da “La Nation”, uno scatto dei di Milei e Macrì. Dietro alcuni dei nuovi ministri si intravede una continuità col governo di Mauricio Macrì, il quale annunciato che non si sarebbe ricandidato, come avevamo già scritto. Ma ha espresso chiaramente che avrebbe sostenuto la candidatura di Milei.  «Si tratta di un appoggio senza condizioni. Non abbiamo chiesto nulla. Non si è parlato di nessun incarico». Ovviamente Milei avrà inteso ricambiare il sostegno. Ed infatti nel governo appena insediato ritornano alcuni dei ministri chiave del governo Macrì.

Al Ministero della Sicurezza si rinnova Patrizia Bullrich e al Tesoro Luis Caputo. È stato Segretario alle Finanze tra il 2015 e il 2017, Ministro delle Finanze tra il 2017 e il 2018 e presidente della Banca Centrale dell’Argentina nel 2018. Insomma, se si devono cercare responsabili delle crisi economiche non bisogna andare troppo lontano.

Altro ministero chiave è quello delle Infrastrutture, con Giullermo Ferraro, dirigente del partito di Macrì Cambiemos.

Il “nuovo” corso della politica dei primi giorni rispolvera dei sistemi già noti.

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