Tridico (INPS): “Io cacciato perché indipendente. Rdc? Irregolare appena l’1.6% dei richiedenti, un errore abolirlo”

0
277
Magorno, Conte e Tridico a Diamante

Abbiamo intervistato Pasquale Tridico, considerato il padre del Reddito di Cittadinanza, Presidente dell’INPS nominato da Conte, “licenziato” da Meloni.

Il 28 luglio è stato a Diamante per presentare il suo libro “Il lavoro di oggi, la pensione di domani”. Ad organizzare l’incontro il sindaco della cittadina Ernesto Magorno, presente anche l’ex premier Giuseppe Conte.

Calabrese di Scala Coeli (CS) è di nuovo professore di Economia Politica presso l’Università Roma Tre. È stato nominato presidente dell’Inps nel 1019 da Giuseppe Conte.

Si potrebbe dire vittima dello spoil system che avviene generalmente in un cambio di governo. Così all’indomani dell’insediamento del governo Meloni, il presidente dell’INPS Pasquale Tridico è stato liquidato quasi senza preavviso. Con una norma ad personam, commissariando un ente senza che ve ne fosse realmente bisogno.

Lo abbiamo intervistato, partendo proprio dal motivo del suo “licenziamento”

Secondo lei perché è stato “licenziato” come presidente dell’INPS? E perché l’INPS è stato commissariato? Lei è considerato il padre del RdC. C’era già nell’aria che questo provvedimento per “abbattere” la povertà, per dirla usando uno slogan cavallo di battaglia del M5S, sarebbe stato abolito. La sua permanenza come presidente all’INPS era forse divenuta inappropriata e anche scomoda?

«La ragione mi sembra ovvia soprattutto alla luce della successiva evoluzione che si è fatto con alcune misure. Mi riferisco alla riforma del decreto dignità e alla riforma del reddito di cittadinanza.

Non si poneva, non si voleva, avere delle persone indipendenti a capo di istituzioni che devono gestire delle misure importanti.  Secondo me hanno fatto una forte forzatura istituzionale perché INPS non è soggetto a spoil system e infatti si è dovuto fare un pretestuoso commissariamento che di solito si fa quando si intervengono gravi motivi: istituzionali finanziari giudiziari o di disavanzo di bilancio. Nulla di tutto questo è successo.

L’INPS ha chiuso l’anno scorso a maggio scorso con un bilancio fra i migliori degli ultimi anni con un avanzo di 7 miliardi di euro e con un efficacia delle prestazioni, ovvero una riduzione del 20% degli ultimi quattro anni dei tempi di erogazione delle prestazioni. È un’innovazione tecnologica senza precedenti che ha riguardato l’utilizzo di strumenti tecnologici, interoperabilità delle banche dati, eccetera. E questo è ovviamente oggi un bene pubblico alla portata di tutti.»

Quindi non c’erano motivi per un commissariamento.

Non c’è lo spoil system. E specialmente bisognava arrivare a scadenza dei tempi. Quindi si è fatta una forzatura istituzionale con un decreto-legge antitempo, non solo di arresto del presidente, ma anche del CdA, che è decaduto anzitempo, così come viene considerato decaduto anche il direttore generale dell’istituto».

Tolto il RdC e reintrodotti i vitalizi. Facendo dei calcoli si tratta di un travaso? Ossia si toglie ai poveri per dare ai ricchi o questa espressione non riflette la realtà?

«Secondo me il contrasto più importante si vede soprattutto su altre misure. Non solo i vitalizi, che sono certamente delle misure che danno senso dell’etica a chi ci rappresenta. Ma mi riferisco soprattutto alla delega fiscale, alla moratoria contenuta nella delega fiscale per il pagamento degli extraprofitti dovuti alle società energetiche a cui si fanno moratorie per 5 mesi e lo scudo fiscale che viene utilizzato per il rientro di capitali. Quindi soprattutto delle misure di natura fiscale e di natura economica. Vedo un contrasto tra ciò che si fa verso le classi meno abbienti e ciò che invece acquisiranno le classi più forti del paese. E questo stride ovviamente la luce del fatto che l’attuale inflazione degli ultimi 20 anni ha eroso circa il 15% del potere d’acquisto dei lavoratori da una parte e ha colpito in maniera progressiva i ceti con reddito medio bassi. 

Quindi alla luce di questo le riforme intervenute sono sicuramente riforme che a mio parere al contrario».

Ora hanno introdotto la “carta dedicata a te” che lei ha ampiamente criticato in un suo articolo sul blog di Peppe Grillo di qualche giorno fa. Si tratta di “un grande bluff”. A chi è destinata e a cosa serve?

«Probabilmente le mie parole, le mie idee danno fastidio a qualcuno perché ogni volta che parlo sulla base di dati e fatti oggettivi per le mie competenze come ricercatore poi vengo additato per altre questioni completamente infondate.

La carta dedicata a te è l’unica misura di contrasto all’inflazione che però si riferisce a una platea molto ridotta, al di sotto della potenziale platea degli aventi diritto. Ovvero tutti quelli sotto un Isee di 15.000 € dovevano avere questa carta. Invece ce l’ha soltanto il 18% perché all’interno di questo macro requisito di 15.000 € di Isee, ce ne sono altri. Soprattutto la presenza dei due figli quindi tre componenti almeno [come nucleo familiare] e una preferenza, che non si capisce il perché, dovuta al fatto di avere figli nati fra il 2005 e il 2009. E ancora il contingentamento di un certo numero di carte per comune. Quindi, al di là del livello di povertà di ogni comune, si stabilisce che ogni comune deve avere un tot numero di carte. Si ha quindi il paradosso per cui alcune famiglie anche relativamente più ricche di un comune detengono più carte di un comune più povero e perché appunto il numero è contingentato. Ad esempio il Comune di Napoli ci sono due liste: la lista dei beneficiari che sono 31.000 e la lista dei potenziali beneficiari ma esclusi che sono 43.000. E poi anche il funzionamento stesso. Noi abbiamo questa card che invece che il cittadino faccia domanda e accede, arrivano le liste prestabilite e precompilate dal ministero verso il comune. Il quale chiama a casa i beneficiari dicendo “hai vinto la carta”, come se fosse una lotteria, “vieni a ritirartela”. Questo mi sembra veramente un principio malsano dove si trattano i cittadini come sudditi piuttosto che avere una domanda con dei requisiti uguali per tutti a livello nazionale a cui si può accedere. E alla fine anche le risorse di 500 milioni. Largamente insufficiente perché poi lo snodo di tutto questo sono le risorse. Solo per fare un esempio nel 2022 di politica anticipatamente di contrasto all’inflazione, noi abbiamo dato a 32 milioni di persone, lavoratori, pensionati, disoccupati eccetera, con il reddito sotto i 35.000 €, due bonus di 200 € e di 150 €, per un totale di 350 €. Più o meno la stessa cosa di quello di oggi con una carta di 382 € che però riguarda una platea molto più ristretta.

E poi non si capisce perché per fare un bonus si utilizza una carta. Per controllare che i consumi vengono fatti soltanto nella grande distribuzione e vengono esclusi alcuni beni come se l’inflazione ne colpisse alcuni, come la marmellata e non il pane. Insomma, è una misura veramente illogica oltre che irrazionale e discriminatoria».  

Qual è la scadenza temporale? Ogni quando si dà?

«Una sola volta, una tantum. È quella. E basta».

Si è aperta una indagine Inps su RdC. Si parla di truffa, addirittura di abuso d’ufficio e corruzione. Chi ha fatto partire l’indagine? Da dove è arrivata la denuncia? Come risponde alle accuse?

«Innanzitutto, non mi sembra che ci sia alcuna indagine, si tratta solo di propaganda. Non c’è nessun tipo di indagine.

In realtà i controlli riguardo il precedente sono stati molto efficaci.

Noi in questi quattro anni abbiamo bloccato ex ante e disposto ex ante, 1,7 milioni di domande; poi 800.000 domande decadute; 200.000 domande revocate per un totale di due milioni di domande per oltre tre milioni di persone. Questo ha fatto risparmiare o, meglio, non pagare, circa 11 miliardi di euro.

La ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali Calderone, esattamente qualche giorno fa, il 3 agosto, ha detto in pubblicamente in Parlamento che il RdC ha “fruttato” irregolarità per circa 506 milioni di euro su una spesa complessiva di 31,5 miliardi di euro. Il che vuol dire 1,6% di irregolarità su 37.000 beneficiari che su 4 milioni di beneficiari fa 0,9, cioè meno dell’1%. Se questo dato lo confronto con i pagamenti in debiti che vengono fatte ad esempio sulla disoccupazione agricola, sulla NASpI  e sulla disabilità, siamo di gran lunga al di sotto. E poi mi sembra che ci sia stato un grande efficacia dei controllo sul RdC e che questa storia della commissione di inchiesta sia soltanto un diversivo per evitare di parlare del vero problema, ovvero del fatto che da qui a gennaio ci saranno 600.000 persone povere che vengono lasciate senza sostegno e senza lavoro.»

Facendo un bilancio, il RdC a quanto è servito per abbattere la povertà, e quindi quanti “poveri” torneranno nell’indigenza una volta finita l’erogazione del sussidio?

«Il provvedimento ha raggiunto nel picco della pandemia 4 milioni di persone. Fra il 2019 e 2022 coloro che hanno avuto almeno una prestazione sono state 4,2 milioni. Oggi ad avere il RdC circa 2,5 milioni di persone. Uno strumento che ha raggiunto circa la metà dei poveri. Oggi col nuovo strumento si espellono dalla misura appunto 600mila persone e queste non vengono inserite in un’altra misura automaticamente anche perché il criterio di accesso allo strumento di formazione e lavoro è diverso. L’isee è più basso».  

Alla domanda della giornalista sul R.d.C. a suo arrivo a Diamante, l’ex premier Conte ha risposto: «in queste ore a 160.000 famiglie è arrivato un sms ispirato dal governo. L’Inps ha dichiarato: “Bene, adesso non avrete più il sussidio, arrangiatevi”. Questo è il disastro sociale annunciato, purtroppo con un sms. La presidente Meloni non ci mette la faccia». Quanto condivide questo pensiero?

«Lo condivido. Ma queste 160mila sono soltanto una prima parte perché ogni mese noi avremo altre esclusioni: 70, 80 mila persone al mese. Perché la norma parla di coloro che hanno raggiunto 7 mesi di utilizzo del RdC nel 2023 e sono ritenute occupabili e vengono escluse.

La platea di non aventi diritto, cioè non essendo disabili minori e anziani, è di 600mila persone. Quindi da qui a dicembre altre centinaia di migliaia di persone verranno esclusi.»

La politica di welfare europea utilizza strumenti di sostegno economico per ridurre la povertà. In Italia cosa succede?

«Noi avevamo introdotto, anche se tardi nel nostro Paese, lo strumento di contrasto alla povertà del “reddito minimo universale”, completando il nostro welfare. Avevamo fatto un passo avanti. Oggi facciamo un grande passo indietro rispetto appunto al contrasto alla povertà e all’idea di reddito minimo che la stessa Commissione Europea propone in Europa».

Eh appunto come risponde l’Italia all’Europa? Questa volta che cosa dirà?

«Eh non lo so, lo chieda alla Meloni».

Leggi anche:

Contributo esterno

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui