Ruffini: “Fare un film? E’ davvero un casino”

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Il regista, attore e comico Paolo Ruffini, a margine di un’incontro nell’Istituto professionale di Anzio ha parlato del suo nuovo film.

di Maria Gabriella Taulario

Ragazzaccio: il nuovo film di Paolo Ruffini

In questo uggioso giorno di maggio, tutti, studenti e no, si sono emozionati ed hanno colto al volo l’occasione di fare un paio di domande al loro idolo.

In occasione dell’uscita del suo film, Paolo, o chi per lui come ama dire, ha deciso di passare per il nostro istituto professionale sito ad Anzio (RM), per dare l’occasione ai nostri ragazzi di fare una critica costruttiva dopo la visione di “Ragazzaccio”. Ecco la trama: Mattia è un adolescente insofferente alle regole, frequenta il liceo classico ed è tormentato continuamente dall’incubo della bocciatura, un incubo quasi più pesante del Covid che sta per prendere piede.

Le domande dei ragazzi a Paolo Ruffini

Fabio chiede a Paolo perché abbia scelto di fare il regista e non l’attore nel suo film; e lui risponde che all’inizio della sua carriera aveva il desiderio di fare l’attore, ma poi ha capito che la sua vera strada fosse la regia e, in fondo, in questo film c’è molto di lui, anzi si sente proprio la sua presenza dietro i personaggi, le loro battute, e dietro la telecamera.

Alessandro gli chiede di ripetere un’espressione toscana usata da lui spesso “Maremma cinghiala” ovazione.

Vanessa, timidamente, spiega cosa pensa della pellicola appena vista, dice a Paolo che ha fatto capire ai nostri adolescenti come la pensano e come si sentono alcune persone distanti da loro, come i genitori e i professori. Una riflessione molto acuta, secondo il regista, meglio chiedere scusa che permesso, se una persona si comporta male deve chiedere scusa come Mattia, il protagonista, che durante tutto il film è messo nell’ ottica di chiedere scusa e alla fine impara a farlo, lui era un po’ così, di quelli che davano fastidio in classe e venivano buttati fuori; per fortuna oggi non si può fare più, e fa i compimenti ai prof.

Incalza Miriam: “Perché il tema Covid?”, e lui, di tutta risposta: “Perché mi aspettavo che, una volta finita la pandemia, ci fossero molte produzioni su questo tema, e, visto che non c’era nulla, ho pensato che si potesse sviluppare”.

Alla domanda: “Come funziona per fare un film?” lui risponde:” È un casino! Non è facile. È la cosa più difficile del mondo ma la più bella, perché inizi qualcosa che non finisce mai, qualcosa che si cristallizza; anche tra 50, 60, 70 anni questo film ci sarà ancora; ci vuole fantasia, coraggio, bisogna saper sognare bene!”

E ancora: “Questo è stato un film difficile perché drammatico, non era nelle mie corde, mi sono fidato di me stesso; bisogna avere il coraggio di essere forti con se stessi e andare fino in fondo, tanto nella vita o si vince o si impara!”

C’è stata una prof che si è incazzata per le troppe parolacce dette nel film e Paolo:” E stì cazzi!”.

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