Il “Pacco per Napoli”, altro che patto: così si espone la città alla speculazione

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Napoli
Frammento di Google Maps

Il 30 novembre scorso il consiglio comunale di Napoli ha dato avvio alla concretizzazione delle svendite previste nel Patto per Napoli, di quello che i napoletani hanno a ragione ribattezzato il “Pacco per Napoli” ad intendere quella truffa della tradizione popolare napoletana di vendere per strada un pacco vuoto ad un avventore, truffandolo, mentre egli è convinto di star facendo un grande affare comprando per poco qualcosa di valore da un qualche mal capiente.

di Paola Nugnes e Giuseppe Cristoforoni

La proposta dell’Assessore al Bilancio e al Patrimonio Pier Paolo Baretta è di svendere e cedere beni del patrimonio pubblico di Napoli, che appartengono ai napoletani, di ieri, di oggi, ma soprattutto delle generazioni future, a privati, per questioni di bilancio.

Questo è quanto stabilito nel “Patto per Napoli” sottoscritto dalla giunta Manfredi (Pd -m5s -SI)

INVIMIT ha valutato da sé e per sé il valore di tre caserme grandi storiche, che potrebbero essere trasformate in abitazioni, sociali, in luoghi pubblici per la cultura, in case per gli studenti, direttamente dall’ente comunale, in tre milioni di euro complessivi e procederà così all’acquisizione.

Così avverrà per altri sei edifici collocati, nel centro storico, Galleria Principe di Napoli, palazzo Cavalcanti, a Marechiaro, Villa Cava, a Posillipo, due depositi ANM, Il complesso del Carminiello a piazza S. Eligio. Per questi, su una valutazione di 43 milioni di euro, il Comune incasserà solo 13 milioni.

INVIMIT è una società partecipata al 100% del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la sua mission è valorizzare e dismettere il patrimonio immobiliare pubblico, attraverso la gestione di fondi di investimento.

Quindi, INVIMIT è sì un ente dello Stato ma è una s.p.a., una società per azioni quotata in borsa, che può essere divorata in un attimo dai privati.  Questa s.p.a. nasce con l’intento di realizzare speculazioni immobiliari, acquisendo, con fondi pubblici del PNRR, in svendita da enti territoriali in difficoltà, beni comuni indisponibili, secondo Costituzione, per poi immetterli sul mercato privato a costi più elevati.

Lo Stato, invece di aiutare l’ente a mettere a “valore” per il territorio e per la collettività il proprio bilancio, i propri beni, con i fondi del PNRR, proprio a tale scopo stanziati dalla UE, mosso dalla morsa del neoliberismo e del libero mercato, si comporta da strozzino e strozza nella necessità l’ente.

I beni che vengono sottratti a Napoli rappresentano parte del patrimonio non solo economico, ma culturale, identitario e sociale della città. Sono beni pubblici che appartengono al popolo e alle future generazioni, che per il dettato costituzione all’art.42, non possono essere posti in vendita e subire limiti, e quindi, non possono neanche essere dati n gestione a privati, limiti che invece la Costituzione, al comma tre, pone alla proprietà privata, 

La città viene esautorata da Invimit in nome del dio profitto e del dio mercato, a favore del privato, del singolo e a danno della collettività, disponendo impropriamente di beni indisponibili, saccheggiando un patrimonio inalienabile che non appartiene all’ente in qualità di soggetto giuridico, l’amministrazione, delegata ad amministrare e gestire il patrimonio pubblico, che per questo non avrebbe potuto sottoscrivere il “Patto”, ma appartiene all’ente comunale solo in qualità di soggetto pubblico.

Ma Napoli, pur saccheggiata, usurpata, deprivata, non porrà, con questo crimine subito, fine al suo debito, si tratta di incassi irrisori che non prosciugano il debito così come non svuota il mare un cucchiaio.

Invimit è partecipata del Ministero al 100% e questo potrebbe indurre in errore, non è “pubblica” nel senso di perseguire l’interesse pubblico e collettivo poiché, come abbiamo già detto è una s.p.a. con finalità privatistiche di profitto privato; quindi, non è Istituzione pubblica che persegue l’interesse della collettività.

Il miglior offerente per la gestione del patrimonio pubblico, in una disposizione costituzionalmente orientata, deve essere il popolo, i cittadini. Lo Stato che, secondo il secondo comma dell’art.3 della Costituzione, ha il compito di  rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, dovrebbe, con i fondi del PNRR, aiutare gli enti a ridare valore al proprio patrimonio mettendolo a vantaggio, anche economico, della collettiva.

Al contrario questa operazione scellerata consegna il patrimonio pubblico, la ricchezza culturale, la identità dei napoletani e di Napoli nelle mani di poteri economici e finanziari forti, semmai anche stranieri, come è accaduto con la Troika in Grecia, mettendole in mano pochi spiccioli.

In ultimo ma non per ultimo, va ricordato che il maggior debito del comune di Napoli è causato dallo Stato, per lil commissariamento del terremoto dell’80, e dell’emergenza rifiuti e per l’insolvenza di tanti enti, tra cui l’Università Federico II, di cui il nostro sindaco era magnifico Rettore.

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