Carceri: perché diffidare dai santoni del mattone ad ogni costo

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Carceri

Carceri, un’annosa problematica con cui fare i conti. Il nuovo governo si è, in parte, già espresso ma le sentenze dei tribunali europei parlano chiaro.

di Domenico Alessandro de Rossi

Indirizzando il suo avvertimento al presidente del Consiglio e al ministro della Giustizia, l’esperto di diritto penitenziario, nonché presidente onorario del Cesp, Enrico Sbriglia in un suo articolo recente così scriveva a proposito dello stato delle carceri e degli esperti in edilizia penitenziaria:

“Diffidino dei Santoni del mattone ad ogni costo – ha scritto -. Si insospettiscano (Giorgia Meloni, Carlo Nordio e forse anche il Dap, osservo io) verso quanti vogliano cancellare l’esistenza degli istituti malmessi, per farne dei nuovi e, in tal modo, distruggere la prova provata di decine di anni di malgoverno e di cattiva programmazione, rifacendosi così la verginità forse mai posseduta. Abbiano i nuovi conductores tale civico coraggio!”. Più chiari di così non si poteva essere in merito al “trust” di cervelli intorno al malato-carcere.

Condizioni estreme e sentenze: L’Europa aveva già condannato l’Italia

La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha sanzionato la condizione oscena in cui riversano i detenuti italiani. Aggiunge, altresì, che negli ultimi anni è stato violato ogni principio di proporzioni tra cubature detentive e spazi aperti. Son state stuprate le poche aree verdi ancora disponibili, aule scolastiche, fattorie, laboratori artigiani, luoghi di culto, locali attrezzati per le attività trattamentali in genere. Preferendo, così, la realizzazione di ulteriori padiglioni penitenziari e trascurando le conseguenze di un accresciuto carico antropico sulle strutture, sui servizi e sottoservizi, con continue problematiche per le reti fognarie, impianti elettrici e centrali termiche, già stressate e sull’orlo del collasso.

Nonostante i ripetuti tavoli tecnici e le diverse Commissioni di esperti fatte nel tempo. Ecco allora emergere una preoccupante carenza di valutazione e di merito rispetto all’intero patrimonio edilizio penitenziario.

Laddove tuttora si registrano le inefficienze in termini di qualità del servizio riguardanti lo stato delle carceri, si presenta con tutta chiarezza l’assenza di un benché minimo programma basato su una seria metodologia tecnica riguardante la manutenzione ordinaria del patrimonio edilizio. In questo caso mancando purtroppo una cultura sistemica in merito alla funzione e ruolo del carcere anche in termini contestuali.

Gli inutili dibattiti dei santoni del mattone ad ogni costo

In varie occasioni il Ministero ha dato luogo a prestigiose conferenze, tavoli tecnici, inutili dibattiti tra i “santoni del mattone ad ogni costo” e proposte di futuribili e costosi mega carceri (vedi Nola). In questo quadro emerge il sospetto che tali riunioni, a fronte dell’indifferenza circa la penosa situazione penitenziaria, siano servite più a vantaggio dell’autoreferenzialità. Durante il lungo tempo inutilmente trascorso dagli Stati generali del 2015 ad oggi, anche a seguito dell’umiliante condanna dell’Italia da parte della Cedu, si sarebbe potuto promuovere uno studio sullo stato delle carceri in Italia. Redigendo, difatti, delle schede operative, caso per caso, atte a promuovere le azioni necessarie per rimodulare in termini di efficienza funzionale i singoli istituti.

Il programma una volta deciso avrebbe potuto anche avvalersi di quanto già elaborato dal Ministero della Giustizia di una ricerca compiuta dai suoi tecnici già nel lontano 1997. Quello studio Repertorio del patrimonio edilizio penitenziario in Italia per redigere finalmente una sorta di manuale sistematico e puntuale su quanto occorreva risolvere, separando e ordinando le diverse tematiche in base al tempo e alle risorse disponibili, così come ampiamente già illustrato nel testo Non solo carcere, norme storia e architettura dei modelli penitenziari di Autori vari, Mursia 2016. Sarebbe bastato affrontare nei termini giusti il problema reale su cosa fare per le carceri esistenti sul territorio, invece che promettere altisonanti progetti avveniristici per le “nuove” carceri. Invece di promuovere nuovi salati appalti, per nuovi incarichi a più diretto beneficio degli autonominatisi “archistar” della carcerazione.

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