Autonomia differenziata: l’Italia è finita

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Autonomia differenziata

Autonomia differenziata: l’Italia è finita, inizia l’epoca delle regioni autonome, di campani, pugliesi, lombardi e piemontesi…

di Emilio Caserta

Autonomia differenziata – Negli ultimi secoli abbiamo conosciuto sulla penisola italica regni (tra questi il Regno di Napoli e Sicilia per circa 8 secoli), principati, comuni, ducati, caratterizzati da un Sud sempre unito e un Nord spezzettato in territori nemici; da oggi conosceremo l’Italia delle Regioni autonome.

Il CdM ha approvato all’unanimità il DDL Calderoli sull’Autonomia differenziata, ciò vuol dire che le regioni potranno rivendicare un’autonomia sull’energia, sulla scuola, sulla sanità ed altri settori importanti che prima venivano gestiti dallo Stato.

Da oggi possiamo realmente definirci ‘solo’ campani, pugliesi, calabresi, lombardi, piemontesi e non più italiani, in quanto non ce n’è più motivo.

Autonomia differenziata: un disegno di legge che frammenta l’Italia

Cos’è rimasto dell’Italia unita? Bisognerebbe chiedersi se abbiamo mai conosciuto l’Italia unita. Neanche più il Parlamento che, dopo essere stato scavalcato da quello Europeo, oggi viene superato finanche dai consigli Regionali.

Un disegno di legge che spacca definitivamente il Paese, con l’applauso unanime del Consiglio dei ministri, il cui presidente, la ‘sorella d’Italia’ Giorgia Meloni ha affermato, non si sa con quale ragione, che l’Autonomia differenziata rafforzerebbe l’Unità del Paese.

I diritti saranno diversificati regione per regione a seconda delle condizioni di partenza: tornano le gabbie salariali, non ci sono i soldi per i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), rimane anche la spesa storica a favore delle regioni più sviluppate, poiché – se fino ad oggi è stato speso di più per le regioni del Nord – la base di partenza con l’autonomia differenziata sarà sempre a vantaggio delle regioni del Nord.

Al Sud, invece, secondo gli studi di Eurispes e Svimez, sono stati sottratti 840 miliardi di euro dal 2000 al 2017; cosa avremmo potuto fare con questa cifra? Certamente evitare di salutare qualche figlio emigrato.

L’Italia delle macroregioni: una deriva da scongiurare

Insomma, questa volta non c’è stato il bisogno di una guerra di conquista o di una disgregazione nazionale, ma un’élite in giacca e cravatta ha deciso che ci saranno 20 sistemi scolastici, energetici, sanitari differenti, e tanto altro ancora.

Almeno sarà la volta buona che, come accade per la lingua veneta, riusciremo finalmente ad insegnare il napoletano e il siciliano nelle nostre scuole del Sud?

Intanto, il Mezzogiorno continuerà a fornire  braccia e cervelli al Nord, come da brava colonia fa dal 1861 e dal dopoguerra. E ora? Nel prossimo futuro ci attende l’Italia delle macroregioni!?

D’altronde era questo il volere della secessionista Lega Nord, e come previsto dall’Europa stessa, ci saranno 4 macroregioni: il Nord, il Centro, il Sud e le Isole. Alla faccia di chi è stato chiamato a governare il Paese…Beati ancora coloro che si definiscono “Fratelli d’Italia”.

Forse ora è davvero giunto il momento di unire queste macroregioni.

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