Autonomia differenziata: ecco cosa cambia davvero e come funziona il DDL Calderoli

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Dopo l’approvazione di Palazzo Madama toccherà alla Camera dei Deputati pronunciarsi sul DDL Calderoli. Solo allora il testo diverrà definitivo.

La riforma della Autonomia Differenziata è contenuta nel Disegno di Legge (DDL) presentato dal Ministro Calderoli (Lega) che guida il dicastero per gli Affari regionali e le autonomie. Lo scorso 23 gennaio l’Aula del Senato ha approvato il testo di riforma con un’ampia maggioranza (110 voti). Appare scontato che il testo supererà senza alcun problema anche il vaglio della Camera dei Deputati, diventando definitivamente Legge dello Stato italiano.

Una riforma, quella della Autonomia Differenziata, che sta polarizzando il dibattito pubblico e che diventerà sicuramente il principale terreno di scontro tra le forze politiche di qui al voto per le elezioni europee.

Il DDL Calderoli si compone di soli 10 articoli e trova il suo addentellato normativo nella nostra Carta costituzionale. L’art. 116 della Costituzione prevede che “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” possano essere attribuite alle Regioni a Statuto ordinario a patto che vengano coinvolti gli enti locali e che la legge di autonomia venga approvata dalle Camere. Dunque, il DDL Calderoli trova la sua legittimazione formale proprio nel dettato costituzionale che rende possibile la realizzazione di un regionalismo spinto.

Ma per comprendere bene la portata della riforma occorre conoscere la differenza tra materie concorrenti e materie esclusive.

Competenza concorrente ed esclusiva

L’art. 117 della Costituzione prevede che un determinato numero di materie (per l’esattezza 20) siano di competenza concorrente (cioè condivisa) tra Stato e Regioni. Ciò significa le scelte dovranno essere adottate di concerto tra lo Stato centrale e la Regione competente. Per altre materie, sempre ai sensi dell’art. 117, invece la competenza è rimessa esclusivamente in capo allo Stato. Le Regioni, ad esempio, non possono legiferare sulle politiche monetarie.

Ebbene, con l’entrata in vigore del DDL Calderoli questo quadro normativo potrebbe subire un capovolgimento radicale, potendo una Regione invocare per sé più competenze. Infatti, le venti materie di competenza concorrente potrebbero passare nella competenza esclusiva della Regione. Così come potrebbero passare alla Regione tre materie di competenza esclusiva dello Stato (organizzazione della giustizia di pace; norme generali sull’istruzione; tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali).

Procedura di assegnazione delle competenze

L’uso del condizionale è d’obbligo. Infatti, è bene precisare che l’Autonomia Differenziata una volta divenuta legge non avrà una applicazione automatica. L’articolo 2 del DDL Calderoli recita testualmente:

 “L’atto d’iniziativa relativo all’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, è deliberato dalla Regione, sentiti gli enti locali, secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria. L’atto è trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie che, acquisita entro trenta giorni la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia e delle finanze, anche ai fini del l’individuazione delle necessarie risorse finanziarie da assegnare ai sensi dell’articolo 14 della legge 5 maggio 2009, n. 42, avvia il negoziato con la Regione richiedente ai fini dell’approvazione dell’intesa di cui al presente articolo. Decorso il predetto ter- mine, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie avvia comunque il negoziato”.

Cosa significa? Significa che una Regione può decidere di non chiedere alcuna attribuzione di competenza, lasciando le cose così come stanno. Al contrario, se una Regione decidesse di acquisire la competenza su una o più materie tra quelle elencate nella DDL Calderoli dovrà approvare una propria delibera da trasmettere al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro competente per materia. Da qui partono i negoziati per il raggiungimento di una intesa preliminare tra Stato e Regione.

Intesa Stato-Regione

L’intesa preliminare dovrà essere approvata dal Consiglio dei ministri, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata. Anche le competenti commissioni parlamentari sono chiamate ad esprimersi mediante atti d’indirizzo. Dopodiché toccherà al Consiglio dei ministri deliberare lo schema definitivo dell’intesa che sarà allegato a un apposito disegno di legge di approvazione dell’intesa medesima. Infine, il disegno di legge sarà presentato al Parlamento che dovrà approvarlo a maggioranza assoluta. L’intesa approvata potrà durare al massimo dieci anni, con possibile rinnovo. 

Il nodo dei LEP

Condicio sine qua non per la concessione dell’Autonomia Differenziata è la determinazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). A differenza dei vecchi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) che riguardavano solo le prestazioni sanitari, i LEP servono a garantire un livello minimo di servizi civili e sociali uniforme su tutto il territorio nazionale.

La determinazione dei LEP è indispensabile per evitare squilibri economici che rischiano di acuirsi a causa del gettito fiscale che rimarrà, in parte, sul territorio di origine. Con l’approvazione dell’Autonomia, le Regioni potranno trattenere sul proprio territorio parte delle loro risorse fiscali, anziché destinarle allo Stato centrale. Senza politiche nazionali omogenee – i LEP appunto – lo scarto tra le regioni ricche e quelle meno ricche/povere, che già oggi è evidente, rischia di diventare abissalmente incontenibile

Toccherà al Governo, entro 24 mesi, varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei LEP.

In conclusione, è possibile affermare che l’Autonomia Differenziata non dispiegherà i suoi effetti nell’immediato. Non solo perché occorrerà del tempo per la determinazione dei LEP – impresa ardua e per niente scontata – ma anche perché l’iter di approvazione – dalla delibera regionale al voto del Parlamento – è tortuoso, complesso e (si sa) politicamente pieno di insidie.

Quello che appare certo è che la quasi-legge Calderoli vedrà la luce a ridosso del voto per le elezioni europee. Come accadde con la Riforma del Titolo V, dell’allora Governo Amato, varata prima del voto per le elezioni politiche del 2001. E come spesso succede con le leggi-bandiera o non si vincono le lezioni oppure, anche se le vinci, quello che rimane è nella migliore delle ipotesi una legge inutile. O pericolosa, nello scenario peggiore.  

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