La solitudine dei numeri uno: i giovani e lo sport

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La solitudine dei numeri uno

La solitudine dei numeri uno – I giovani e lo sport: quando le aspettative e le pressioni schiacciano il talento e la passione.

Lo Sport, meravigliosa disciplina vestita di variopinti colori, scrive tante pagine delle nostre vite.

di Antonella Coletta

La solitudine dei numeri uno – Pagine di bellezza e lealtà

Pagine di bellezza e lealtà come quella della spadista Emilia Rossatti, pochi giorni fa.

Emilia Rossati è indietro di 3 punti, ci sono ancora secondi sufficienti a ribaltare il risultato, in palio c’è un titolo prestigioso. Poi l’avversaria Gaia Traditi cade e il suo giovane volto diventa una maschera di dolore, lo staff medico riesce a rimetterla in piedi e lei ritorna in pedana. Ma Emilia, rinuncia a colpire e lascia scadere il tempo. Eppure la vittoria era lì, favorita da una sfortunata circostanza.

La solitudine dei numeri uno – Pagine di ordinaria e triste realtà

Pagine di ordinaria e triste realtà come quelle degli anonimi ragazzini delle periferie che giocano palla al piede inseguendo un sogno forse irrealizzabile. O, ancora, come quelle delle scuole calcio, dove conta vincere a tutti i costi e dove i ragazzini bravi durano il tempo di qualche campionato locale, sfruttati per vincere e poi dimenticati, come un treno di gomme consumato abbandonato da qualche parte.

Una voce si leva nel coro per denunciare lo sfruttamento dei talenti in Italia, non realmente coltivati, ma usati per vincere

Le sensibilità e i caratteri dei giovani allievi che si approcciano al calcio non vengono considerati. E questa è una materia che andrebbe studiata, secondo il Mister Mauro Papaccio, in forza alla prestigiosa scuola Emanuele Troise di Volla, il quale ne ha parlato in una lunga e toccante intervista proprio ai microfoni di Enza Morlando di CentroSud24.

Il Mister Papaccio ha posto l’attenzione sul mondo degli adulti, dei genitori e delle aspettative, che diventano per i ragazzi troppo spesso macigni insopportabili da sostenere. I giovani imparano ad indossare la maschera del “tutto va bene” e a sfoggiare una forza che si misura in punti o gol segnati e che spesso cela un’atroce solitudine.

La solitudine dei numeri uno è il demone da sconfiggere

Si parla di Julia in questi giorni, l’intero mondo del Volley che si ferma per un minuto. I suoi ultimi istanti di vita dati in pasto ai media, in quel corridoio buio che sembra un brutto film, fanno il giro del mondo e sono peggio di un pugno in faccia.

Julia a 18 anni era già un vero talento, orgoglio della Igor Novara e dell’Italia tutta. Eppure, ad un certo punto, qualcosa si è spezzato. Un malessere che l’ha portata – è questa l’ipotesi emersa dalle indagini della polizia turca – a vedere nel vuoto l’unica via d’uscita ad una vita che all’esterno appariva dorata e piena di successo.

Ci si dovrebbe fermare un attimo per guardare davvero negli occhi di questi giovani. E magari pensare che, dalla vetta dei loro pochi anni, hanno visto più di noi e ci hanno provato, o almeno ci provano, a somigliare a quei modelli di perfezione (tossici) tanto cari ai media.

Talvolta ci riescono e sopportano l’idea che vali per quello che fai, non per ciò che sei.

Altre volte si smarriscono. Per sempre.

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