Risposte del CdC a Cassese su Autonomia Differenziata e DDL Calderoli

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Le risposte del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale Sabino Cassese, presiedente la Commissione per la definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). A cura di Mauro Sentimenti.

Il Prof. Cassese, in una sua intervista del 20 gennaio scorso al Corriere del Mezzogiorno Puglia, pubblicata col titolo “Contro l’autonomia un approccio ideologico il Sud non abbia paura” , ha accusato di ideologismo i critici del DDL Calderoli. L’enciclopedia Treccani definisce “l’ideologia” come “il complesso di credenze, opinioni, rappresentazioni, valori che orientano un determinato gruppo sociale”. Da questo punto di vista si può senz’altro dire che ogni persona, nessuna esclusa, che sia parte di una comunità sociale propone affermazioni ideologiche. Quindi anche lo stesso prof. Cassese quando afferma buoni propositi smentiti dai testi di legge o con essi contraddittori. “Ideologico” si dice anche di un modo di giudicare sulla base non dei fatti ma di propri astratti preconcetti .

Analizziamo quindi i “fatti” e i testi di legge. Afferma Cassese :

A) “Nulla impedisce alle regioni del mezzogiorno di chiedere maggiore autonomia”.

Risposta. La Repubblica una e indivisibile non esisterebbe più. L’affermazione di Cassese nasconde infatti le conseguenze di una simile scelta.. Se tutte le regioni chiedessero la maggiore autonomia in tutte o quasi tutte le materie previste dall’art.116 – comma 3, Cost. – come hanno chiesto  Veneto, Lombardia e in parte minore l’Emilia Romagna, si svuoterebbe il bilancio pubblico. E con esso la possibilità stessa delle politiche nazionali, con l’ulteriore conseguenza di abrogare in modo giuridicamente illegittimo il comma 3 dell’art. 117 (quello che disciplina le materie a legislazione concorrente tra Stato e Regioni). .

B) “La riforma non potrà essere varata se non sarà prevista l’eguaglianza”.

Risposta. E’ questa una affermazione priva di fondamento. Infatti la riforma è già stata votata da un ramo del Parlamento e nessuna uguaglianza si intravvede. Al contrario gli attuali enormi divari territoriali e le previsioni della legge di bilancio 2023, secondo cui i LEP devono essere definiti a saldi invariati, rendono impossibile persino la minima riduzione della diseguaglianza;

C) Non è solo un problema di risorse ma anche di gestione delle spese”.

Risposta.  Una mezza verità nasconde una grande bugia, considerato che il DDL Calderoli incentiva la de-responsabilizzazione nell’uso delle risorse regionali. Se è vero che le responsabilità riguardanti un cattivo uso della spesa pubblica da parte delle classi dirigenti italiane e regionali, non solo ma soprattutto nel meridione, sono storicamente accertate – è altrettanto vero che le cause più rilevanti dei divari territoriali vanno ricercate nelle politiche macroeconomiche nazionali e negli inadeguati investimenti in molte aree del mezzogiorno degli ultimi 40 anni. La distribuzione delle risorse nelle diverse regioni sulla base della “spesa storica”, che penalizza i territori più deboli, ne è solo un esempio. Le norme del DDL e i patti delle pre-intese delle tre Regioni, come vedremo, non potranno che favorire la fuga dalla responsabilità nel governo della spesa regionale.

Il finanziamento della AD : quote di ricchezza passano dai territori più deboli ai più forti.   Finanziare la maggiore autonomia non con la tassazione locale ma con compartecipazioni al gettito nazionale Irpef o Iva, tramite un’aliquota costante fissata nel primo anno dell’intesa, ha infatti una inevitabile conseguenza: l’effettiva disponibilità di risorse della Regione con AD dipenderà dall’andamento nel proprio territorio del tributo nazionale compartecipato e non dalle scelte dei gruppi dirigenti regionali. Negli anni successivi alla stipula dell’Intesa, questo meccanismo può determinare un extra-gettito svincolato da qualunque fattore di efficienza, di responsabilità e di solidarietà col resto dell’Italia. Svimez ha stimato che con questo meccanismo le regioni Lombardia Veneto  Emilia Romagna , se le loro intese preliminari fossero state approvate , avrebbero potuto gestire sei o nove miliardi di euro in più. Sottraendoli agli altri territori e cittadini così colpendo la redistribuzione solidale.  Per averne conferma basta rileggere l’art.5 della pre-intesa del 2019 tra Emilia Romagna e governo nazionale : dove si scriveva che il finanziamento delle funzioni trasferite dipendeva dal gettito fiscale del territorio. Garantendo addirittura che l’eventuale variazione in aumento del medesimo gettito fiscale sarebbe stato trattenuto dalla Regione !!!  *(si veda l’art. 5, paragrafi 1,3 e 4 , della pre-intesa tra Governo nazionale e Regione  ER nel febbraio  2019, testo richiamato in calce)..  Intese che non a caso il comma 1 dell’art.11 del DDL Calderoli mantiene in vita , al fine di poterle utilizzare subito come base per l’intesa finale .  

Per l‘Unità, indivisibilità della Repubblica e riduzione delle diseguaglianze attuali servirebbero invece : 1) livelli uniformi – come li ha giustamente chiamati la LIP promossa dal CDC per la modifica degli art. 116 e 117 Cost.- delle prestazioni sociali e civili da garantire a tutti i cittadini italiani, 2) il loro effettivo finanziamento, 3) adeguati investimenti aggiuntivi dove il tessuto economico è in maggiore difficoltà (così dispone l’art.119 della Cost.). Il DDL Calderoli viaggia invece in direzione opposta visto che il finanziamento dei LEP viene subordinato nell’art. 4 dello stesso DDL alle disponibilità di bilancio: “il trasferimento delle funzioni con le relative risorse umane strumentali e finanziarie concernenti materie riferibili ai LEP” …può essere effettuato…nei limiti delle risorse rese disponibili nella legge di bilancio”.  Concetto ribadito dalla Legge di bilancio 2023 secondo cui il finanziamento stesso deve avvenire a “risorse invariate”.

Analizzati fatti e testi di legge appare evidente che il prof. Cassese propone  opinioni  non coerenti coi fatti stessi.  E’ certo che i nuovi LEP continueranno o a non essere finanziati oppure ad esserlo col sistema che vige attualmente per il SSN: non sulla base del costo dei LEA (i LEP in sanità così si chiamano), ma dei vincoli di bilancio. Risorse che verranno poi distribuite tra le Regioni sulla base di criteri legati alla composizione della popolazione che non tengono in alcun conto l’effettiva situazione socio-economica dei territori e i reali fabbisogni di cura e assistenza: più alti nel mezzogiorno, più contenuti nel centro nord.  Essendo la distribuzione delle risorse pubbliche nazionali un gioco a somma zero, ne consegue che se qualche territorio ottiene di più altre avranno di meno. Osservazione resa esplicita da Ignazio Visco, già Governatore della Banca d’Italia.       Conclusione. Tutte le critiche rivolte all’impianto del DDL Calderoli ed alle pre-intese delle tre regioni sono rimaste – anche da parte di Cassese –  senza risposta alcuna. In particolare:

>Ogni Regione può chiedere tutto quel che vuole senza fornire alcuna motivazione. Si chiede semplicemente perché si può chiedere. La frammentazione caotica delle politiche pubbliche e la impossibilità di un loro coordinamento sono conseguenze certe di un simile modo di procedere. Con rischi di aumento a dismisura degli apparati burocratici e di declino del paese. Le materie richieste in esclusiva dalle tre regioni del Nord — trasporti, politica industriale, lavoro, ricerca, istruzione ,  formazione, governo del territorio, tutela dell’ambiente, sanità – rendono tale maggiore autonomia incompatibile con politiche strategiche nazionali ed europee.  Persino Confindustria lo ha compreso;      

> Nessuno ha chiarito sulla base di quali indicatori verificabili di efficienza ed efficacia si potrà valutare se la Regione spende meglio dello Stato oppure no (critica espressa dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio ai testi delle intese delle tre regioni). 

> Il Parlamento., a parte esprimere pareri non vincolanti, potrà solo votare o respingere senza emendamenti l’intesa finale. Venendo così messo del tutto ai margini del procedimento di formazione e approvazione della legge. Ciò dato che ogni decisione di merito resta nelle mani degli esecutivi regionali e nazionali.

> Un conto è definire i LEP altro è finanziarli rendendoli effettivi : lo Stato per farlo, dovrebbe aumentare le tasse oppure incrementare il debito pubblico. Due scelte che , col Governo Meloni, risultano impraticabili. Ecco perché i LEP, che la Commissione Cassese dovrebbe definire, resteranno senza risorse. Confermandosi così come il DDL Calderoli e le preintese delle tre Regioni  siano strumenti contro l’uguaglianza e l’unità della Repubblica.

* (Art.5 intesa Governo e Regione ER febbraio 2019

1. Le modalità per l’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all’esercizio di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, trasferite o assegnate ai sensi della presente intesa, sono determinate dalla commissione paritetica..

3. Il finanziamento delle competenze riconosciute nei termini di cui al precedente comma è garantito, sulla base delle scelte e delle indicazioni della commissione paritetica, in modo da consentire l’adeguata gestione delle nuove competenze in coerenza con quanto indicato all’art. 119,quarto comma, della Costituzione, dall’utilizzo, eventualmente anche congiunto, dei seguenti strumenti:

a) compartecipazione al gettito maturato nel territorio regionale dell’imposta sui redditi delle persone fisiche e di eventuali altri tributi erariali; b) aliquote riservate, nell’ambito di quelle previste dalla legge statale, sulla base imponibile dei medesimi tributi riferibile al territorio regionale.  4. L’eventuale variazione di gettito maturato nel territorio della Regione dei tributi compartecipati oggetto di aliquota riservata rispetto alla spesa sostenuta dallo Stato nella Regione o, successivamente, rispetto a quanto venga riconosciuto in applicazione dei fabbisogni standard, anche nella fase transitoria, è di competenza della Regione.”  !!!)

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