Riforma Calderoli: l’autonomia che smembrerà l’Italia

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riforma Calderoli

La riforma Calderoli creerà 21 staterelli. Il Presidente del Consiglio non gestirà più niente.

di Paolo Mandoliti

A norma dell’articolo 117 della Costituzione, le materie che verranno trasferite alle regioni toglieranno allo Stato centrale funzioni vitali.

E l’organizzazione statale per come la conosciamo oggi, fatta da ministeri, dipartimenti, non avrà ragione di esistere.

Così come il parlamento.

600 tra deputati e senatori, saranno perfino troppi, considerando che si dovranno occupare di legiferare su materie quali l’immigrazione, la politica estera, i rapporti con le confessioni religiose, la difesa e le forze armate, la moneta (ma quella già non è più esclusiva italiana), il risparmio, il bilancio dello stato (se passa la riforma, il 10% del totale attuale), le leggi elettorali (e tra porcellum e rosatellum forse è meglio che questa materia venga tolta al Parlamento), giustizia penale, civile e amministrativa, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (dopo 13 anni ancora li aspettiamo), previdenza sociale,  dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale, pesi, misure e determinazione del tempo.

Riforma Calderoli: l’autonomia che smembrerà l’Italia

A parte, quindi, difesa, esteri e giustizia, potremmo sicuramente dire che tutti gli altri ministeri non avranno più ragione di esistere. Così come le risorse, umane e finanziarie, che, secondo il disegno di legge Calderoli, saranno trasferite alle regioni.

Esisteranno invece 21 super assessori regionali per le materie trasferite alle regioni. 21 assessori all’istruzione, per esempio. Che determineranno 21 diversi criteri regionali di reclutamento del personale, 21 diversi programmi scolastici.

Avremo 21 assessori all’ambiente che potranno decidere 21 politiche ambientali diverse, da quelle che si spingeranno verso il nucleare a quelle che invece daranno alla propria regione un’impronta più green con pale eoliche e pannelli fotovoltaici a gogò, da quelle che decideranno per i rigassificatori, a quelle che costruiranno termovalorizzatori al posto delle aree verdi.

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Avremo 21 assessori ai trasporti ai quali saranno trasferiti i poteri sulle tratte ferroviarie e autostradali e che magari metteranno 21 pedaggi diversi.

E ancora, 21 assessori alla cultura, 21 assessori al turismo, 21 assessori alle infrastrutture, e così via.

Un potere immenso che creerà squilibri non soltanto tra nord e sud Italia, ma anche tra aree metropolitane e interne, centro e periferia, comuni più ricchi e comuni più poveri, della stessa regione.

Perché se il criterio è quello della capacità fiscale (più ne hai, più puoi spendere), che sta alla base del criterio della spesa storica (non ci diciamo fesserie, i LEP seppur saranno determinati non saranno MAI pienamente finanziati, non basterebbero 10 finanziarie), fossi un cittadino di Carvagna, comune in provincia di Como, che ha il record negativo italiano di reddito pro-capite (e quindi di capacità fiscale), inizierei a preoccuparmi.

Così come se fossi nei panni dell’odierno ministro dei trasporti, o dell’istruzione, o del turismo, o dell’ambiente, inizierei a fare un pensierino nel diventare assessore regionale ai trasporti Veneto, piuttosto che assessore al turismo dell’Emilia Romagna, o assessore all’ambiente lombardo.

Quanto al presidente del Consiglio, molto meglio essere presidente di regione (attenzione, non di una regione qualsiasi, ma di una regione con maggiore capacità fiscale, ergo, Veneto, Lombardia o Emilia Romagna).

In Lombardia forse si fa in tempo. Le elezioni saranno tra pochissimo tempo. Fossi nei panni del presidente Meloni ci farei un pensierino. Oppure, come scrive un direttore di giornale, metterei sotto tutela il ministro Calderoli e “manderei in mona” la sua de-forma.

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