Ponte sullo stretto: Alberto Prestininzi (critico sul climate change) sarà coordinatore tecnico scientifico

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Sarà Alberto Prestininzi a coordinare il gruppo di lavoro tecnico scientifico per il Ponte sullo Stretto di Messina.

La notizia della sua nomina la si legge direttamente sul sito del MIT.

«Con l’assenso della regione Siciliana e della regione Calabria, espresso oggi [19 settembre], sulla rosa di nomi inviata dagli uffici del Mit, è pronta la squadra tecnica che compone l’organismo indipendente cui sono demandati compiti di supporto e consulenza per il progetto del collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. Si tratta di Alberto Prestininzi (Coordinatore), ordinario di Ingegneria della Terra presso l’Università di Roma “La Sapienza”, con specializzazione in geologia».

 Il professore Presitinzi è originario di Caulonia, cittadina in provincia di Reggio Calabria.

È stato ospite alla ottava edizione della kermess “Sciabaca Festival – Viaggi e culture mediterranee”, che si è tenuta a Soveria Mannelli, nella sede della casa editrice Rubbettino dal 21 al 24 settembre. Il dibattito che ha visto l’intervento del ministro alla Protezione Civile ed alle Politiche del Mare Nello Musumeci, si è svolto sabato 23, alle 17. Moderato dal giornalista Giuseppe Smorto, sul tema “Il clima nel Mediterraneo. Analisi, rischi e prevenzione”. È intervenuto anche il giornalista Giuseppe Caporale, autore, sempre per Rubbettino, di “Ecoshock. Come cambiare il destino dell’Italia al centro della crisi climatica”.

Musumeci: «L’amministratore non deve prendere posizione, ma deve considerare gli eventi in maniera oggettiva e reagire di conseguenza»

Figura 1 Musumeci ospite a “Siabaca”

Si è entrati nel vivo del tema con una analisi del ministro “inserito fra due tesi diametralmente opposte” come ha sottolineato. L’amministratore, a qualunque livello, non deve prendere posizione su una tesi, ma deve considerare gli eventi in maniera oggettiva e reagire di conseguenza. «Per fare questo non ho bisogno di accostarmi alla scienza, perché se la scienza dimostra di avere due scuole di pensiero diverse è chiaro che io sarei condannato allo stallo». Continua «Se la tropicalizzazione del nostro territorio avanza inesorabilmente io amministratore uomo di governo devo tenere conto delle iniziative atte ad adeguare il territorio e chi sul territorio vive con i suoi beni a questo mutato contesto.

Non mi interessa sapere cosa pensa la scienza. Mi interessa sapere che se il fenomeno della desertificazione si dovesse diffondere noi sottrarremmo all’agricoltura buona parte del territorio che fino a ieri era produttivo e coltivabile. Ecco perché io non entro nella polemica né negazionista né possibilista. È chiaro che io non ho motivo di negare che questi elementi messi assieme determinano una condizione atmosferica diversa rispetto a trenta, quaranta, cinquanta anni fa.

Il mio compito è quello di leggere la realtà e di adottare appropriate misure perché i disagi siano contenuti o rallentati in questo processo che per alcuni sembra essere irreversibile per altri sembra essere assolutamente normale. Anzi c’è chi dice – aggiunge – “ma quale clima malato, mai come adesso le cose vanno bene”». Conclude la sua analisi considerando che se gli eventi “strani” aumentano di frequenza «Io debbo chiedermi quali misure adottare per evitare che ci siamo morti, che ci siano feriti, che ci siano danni e quindi cresce il rischio. Ma in Italia – aggiunge – non c’è la cultura per affrontare il rischio».

Prestininzi: «Stiamo meglio o stiamo peggio? Ci stiamo avvicinando alla fine di questo pianeta o siamo lontani ancora, o c’è qualcos’altro?»

Il professore Prestininzi legge un pezzo estratto dall’introduzione da lui fatta del libro “Dialoghi sul clima”.   

Prestininzi ospite a “Sciabaca”

«Il solenne impegno costituzionale che abbiamo assunto con il Paese Come professori di favorire sempre la diffusione ed i contenuti della conoscenza rappresenta il contenuto centrale che ci spinge a rendere possibile la nascita di questo volume».

Proietta alcune slide con l’auspicio che «Aiutino il ministro ad assumere decisioni per quanto riguarda la questione delle piogge perché parliamo [anche] di quello». Illustra quanto attualmente la stampa diffonde in maniera non del tutto completa sui dati elaborati dall’IPCC che ogni dieci anni circa annunciano la fine del mondo. Ma nel frattempo, negli ultimi cinquanta anni, il pianeta è diventato più verde ed in Italia i boschi sono aumentati dell’ottanta per cento. E di fatto è anche aumentata la capacità di sopravvivenza e l’età media. «Sulla Terra noi siamo diventati otto miliardi di persone. Nel 1949/50 eravamo tre miliardi e mezzo. I denutriti, dati della FAO, erano il 50%.

Oggi siamo otto miliardi e i denutriti sono il 10%». Continua ponendo alcune domande: «Stiamo meglio o stiamo peggio? Ci stiamo avvicinando alla fine di questo pianeta o siamo lontani ancora, o c’è qualcos’altro? Il fatto che la temperatura sia aumentata è un fatto riconosciuto e accettato da tutti. Nessuno lo nega, a proposito del “negazionismo”. Spiega che i cambiamenti climatici sono sempre avvenuti sul pianeta Terra, per fortuna. infatti, i pianeti dove non ci sono cambiamenti climatici sono pianeti morti. Anche le frane e le alluvioni «sono nostri amici, non sono nostri nemici. Sono la misura che su questo pianeta c’è movimento, c’è evoluzione».

Relativamente ai danni afferma che ci vogliono contromisure, ossia prevenzione. «Noi non abbiamo la cultura della prevenzione, ma abbiamo la cultura dell’emergenza». Ma precisa che gli eventi estremi sono diminuiti. E che l’aumento della CO2 non ha determinato l’aumento della temperatura che alcuni modelli avevano previsto. Insomma, occorre studiare e comprendere le dinamiche per poter affrontare i problemi nella maniera più efficace. Anche perché i dati che vengono diffusi dall’IPCC non sono scientifici «perché i report non li scrivono gli scienziati, li scrivono gli economisti dell’IPCC, perché l’IPCC è una organizzazione politico ed economica. E gli economisti hanno tutt’altro interesse».

Caporale: «Che fare? Oggi bisogna intervenire»

Giuseppe Caporale, autore, sempre per Rubbettino, di “Ecoshock. Come cambiare il destino dell’Italia al centro della crisi climatica”. Nel libro ha intervistato diversi studiosi climatologi, uscito dopo il libro Dialoghi sul clima. Nel suo scritto, Caporale descrive le differenti tesi. Lo scopo non è quello di portarne avanti una, ma di far crescere la consapevolezza del lettore. «Ero scettico su queste tematiche. -Continua – Rispetto al titolo del libro “Ecoshock”, perché di fronte a quei dati raccolti che mi hanno spaventato. La mia deontologia di richiede che se vedo una notizia grave per la comunità, la devo dare. Ma sulla domanda “che cosa fare?”, il libro prova ad essere questo: oggi bisogna intervenire. «C’è qualcosa che può fare lo Stato, ma bisogna anche tenere presente che dentro lo Stato ci sono anche le comunità locali. Bisogna mettere in sicurezza il territorio».

Relativamente a questo tema interviene in seconda battuta il ministro Musumeci rimarcando che fra le priorità di questo governo vi sono proprio gli interventi per mettere in sicurezza tutto il territorio nazionale.  

L’intero contenuto dell’incontro è pubblicato sulla pagina FB della Rubbettino Editori.

Le polemiche sul clima: «Il fatto che la temperatura sia aumentata è un fatto riconosciuto e accettato da tutti. Nessuno lo nega»

Ma è stato proprio questo il motivo che ha alimentato la polemica sorta subito dopo la sua nomina. Accusato di “negazionismo” si è ritrovato a scandire e precisare in ogni occasione che nessuno può negare che vi sia un riscaldamento globale. Ma questo non implica che la Terra finirà fra 10 anni o che sia responsabile l’uomo di tale cambiamento climatico. L’uomo è responsabile dell’inquinamento. Le due cose sono distinte e separate.

Come testata giornalistica abbiamo voluto approfondire questo tema organizzando una intera giornata di analisi e studio proprio con il professore Prestininzi.

Seminario “Conflitti e cambiamenti climatici, ruolo dell’informazione e dell’educazione ambientale”

Nel maggio 2023 come testata abbiamo organizzato seminario “Cambiamenti climatici e conflitti. Ruolo dell’informazione e dell’educazione ambientale”. In quella occasione è stato presentato il suo libro “Dialoghi sul clima”, affrontando ampiamente l’argomento in un dibattito che si è protratto per l’intera giornata. I relatori, di rilievo, hanno sviscerato l’argomento con elementi e dati, abbastanza da far maturare una certa conoscenza e consapevolezza dell’argomento.

Gli altri componenti del team tecnico scientifico di adeguamento progettuale del Ponte sullo Stretto

Gli altri componenti del team sull’aggiornamento del progetto sono: Claudio Borri, ordinario di Scienze delle Costruzioni presso il Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell’Università di Firenze, con specializzazione in strutture e aerodinamica, Direttore del “Centro Interuniversitario di Aerodinamica delle Costruzioni e Ingegneria del Vento”;  Andreas Taras, ordinario di costruzioni in acciaio e strutture composite presso l’ETH di Zurigo;  Sara Muggiasca, professore associato del Dipartimento di Ingegneria Meccanica del POLIMI, direttrice della Galleria del Vento.;  Mauro Dolce, professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso l’Università “Federico II” di Napoli, esperto in Rischio Sismico e Vulcanico; Francesco Karrer, professore ordinario di Urbanistica presso La Sapienza Università di Roma (in quiescenza); Giuseppe Muscolino, ordinario di Scienza delle Costruzioni presso l’Università di Messina; Paolo Fuschi,  ordinario di Meccanica delle Strutture presso l’Università di Reggio Calabria e di Alessio Ferrar, professore ordinario di Ingegneria Geotecnica presso l’Università degli Studi di Palermo.

Mauro Dolce, già assessore regionale alle infrastrutture

Un altro legame con la Calabria è rappresentato dal professore Mario Dolce, assessore alle Infrastrutture e Lavori Pubblici nominato da Occhiuto nel dicembre 2021. Si era dimesso da questo incarico nel gennaio 2023 poiché, spigava in una nota «Rientrerò nell’Università per riprendere e concludere le attività di ricerca temporaneamente messe da parte, che, insieme ai miei impegni familiari, mi impedirebbero di svolgere nei modi che ritengo necessari i gravosi impegni che l’assessorato affidatomi comporta». Ora gli si presenta un altro impegnativo ruolo che ci auguriamo riuscirà a svolgere a pieno.

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