Il meridione destinato alla precarietà, cresce il divario col nord

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Meridione

di Giovanni Rienzo

Il Meridione è davvero destinato alla precarietà? Ancora una volta bisogna toccare lo spinoso argomento della politica. Oggi, però, scrivere di politica provoca una certa idiosincrasia nel lettore, un vero e proprio senso di repulsione patologica, tanto che ormai molti si limitano solo al titolo e passano avanti con la conseguenza che, nella società contemporanea ci ritroviamo a doverci confrontare con un vero e proprio esercito di astèmi dell’informazione, che al bar li ascolti lamentarsi dello satus quo, ma se gli chiedi il perché si è arrivati a questo punto ci si accorge che non hanno la benché minima capacità di discernimento.

Il meridione destinato alla precarietà, cresce il divario col nord

Purtroppo, ciò che determina la qualità della vita di un popolo, è proprio la politica con le sue scelte economiche, sociali, finanziarie, commerciali, rapporti con paesi esteri. Non si può sfuggire da questo, quindi diventa incontrovertibile l’affermazione che soltanto un popolo informato e consapevole può definirsi libero e, se da un lato informare diventa un dovere, dall’altro dovrebbe divenir necessità.

Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la sua armata Brancaleone abolirà il Reddito di Cittadinanza, una misura sociale nata come contrasto alla povertà e che non voleva assolutamente essere identificata come una forma di assistenzialismo di Stato. I presupposti erano chiari, nella fase uno bisognava far leva sulla formazione di coloro che sarebbero risultati percettori. Nella fase due, invece, era previsto il reinserimento nel mondo del lavoro facendo incontrare domanda ed offerta tramite la riforma dei centri per l’impiego.

E allora cosa è successo?

Come spesso avviene in Italia, anche questa misura sociale non ha funzionato del tutto per come era stata concepita. Non sono mai stati attivati veramente i navigator, non sono stati riformati i centri per l’impiego e neanche ricollocati i lavoratori. Le cause sembrerebbero essere state: da un lato una forma di indolenza da parte del Movimento 5 Stelle, concentrato più su improbabili alleanze che lo hanno condotto ad un massacro dei consensi. Da un altro invece una forma di ostracismo da parte di altre forze politiche interessate solo a contrastare il proprio avversario, trascurando il welfare.

Tutti siamo consapevoli che al mondo nulla di ciò che nasce può dirsi esente da difetti e, specie nel nostro paese, il problema è che oggi in politica scarseggiano uomini qualitativi del calibro di Piero Calamandrei e Benedetto Croce giusto per citarne un paio. Se nulla è perfetto, però, tutto è perfettibile.

Un Governo che intende tutelare le fasce più deboli del paese, prima di prendere decisioni scellerate dovrebbe fermarsi a riflettere e orientarsi verso una interlocuzione con le parti sociali e le opposizioni. Avrebbero potuto di concerto istituire un tavolo tecnico allargato e condiviso, magari anche una bicamerale, e porre sotto la lente d’ingrandimento un metodo per rendere più funzionale il reddito di cittadinanza studiando misure atte a contrastare coloro che ci hanno marciato.

Invece, la Premier, che sembra pervasa da delirio di onnipotenza, al congresso della CGIL rivendica l’abolizione del Reddito di Cittadinanza e dichiara: “unica possibilità per uscire dalla povertà è il lavoro”. Una dichiarazione condivisibile, se non fosse che ormai è un’ovvietà ribadita a più riprese da chiunque occupi quello scranno.

Perché il meridione è destinato al precariato perenne?

La causa è da ricercare tra i potentati economici italiani,i classici portatori d’interessi insomma, che finanziano e garantiscono consensi ai partiti e i loro candidati senza scrupoli. Questi, una volta eletti, sono invitati ad onorare il debito elettorale contratto con disegni di legge che tutelino gli interessi di costoro. Ecco in che modo viene distrutto lo stato sociale, in che modo le fasce più deboli del paese non riusciranno mai  a sollevare il capo ed ecco come vengono a ridursi sempre più le tutele ai lavoratori.

Il Reddito di Cittadinanza ha rappresentato una forma di riscatto sociale nei confronti di quegli imprenditori che sfruttano i lavoratori con una retribuzione di 500 euro al mese per 10 ore di lavoro al giorno, e sicuramente si è dimostrato un ostacolo a questa forma di sfruttamento. È stato, inoltre, un freno a pericolose tensioni sociali che potevano scatenarsi in particolar modo durante la pandemia, ed un freno alla microcriminalità. Nulla di tutto questo, però, conta: il provvedimento andava fermato ad ogni costo.

La cosa certa è che il nord industrializzato non ne risentirà più di tanto. Al sud la situazione è fin troppo chiara da illo tempore: si tratta di un’area dove non esiste la volontà politica di far decollare lo sviluppo economico (evidentemente a qualcuno non conviene) e non potrà far altro che peggiorare la situazione. I giovani saranno di nuovo costretti ad accettare lavori che non gli garantiranno un futuro o ad emigrare.

Intanto la nuova misura sociale allo studio del Governo che sostituirà il RDC, sarà un sostegno economico alle famiglie povere con occupabili sotto forma di integrazione al reddito familiare fino a 6000 euro. Insomma, potremmo dire “apertis verbis”, una elemosina di Stato che si chiamerà “MIA”  Misura di Inclusione Attiva.

Da dove nasce la tesi che cresce il divario tra nord e meridione?

Ogni politico “di professione”, quando viene interrogato sulla questione meridionale, si illumina d’immenso e comincia a disquisire della necessità di creare sviluppo economico nel mezzogiorno per poter colmare il divario tra nord e sud. Sembra quasi una di quelle filastrocche imparate alle scuole elementari che si ripetono “a pappagallo”, solo parole di circostanza che ascoltiamo da decenni poiché le cose restano sempre uguali. Non rimane che da chiedersi: se veramente bisogna colmare questo divario con lo sviluppo economico, per quale motivo il Governo Draghi prima, e quello Meloni ora, alla richiesta di Intel di aprire uno stabilimento in Italia, viene deciso di impiantarlo al nord? (Fonte de Il Sole 24 Ore al seguente link Dossier Intel, per l’Italia c’è in gioco un piano sui chip da 11 miliardi – Il Sole 24 ORE)                                                                                                               

La INTEL è una Multinazionale statunitense che produce microchips, quelli che vengono utilizzati nella maggior parte dei pc in uso oggi e in campo industriale, ha un fatturato di circa 63 miliardi di dollari riferito al 2022. Lo stabilimento dovrebbe sorgere in Veneto, precisamente a Vigasio in provincia di Verona. A questo punto per restare in sintonia con coloro che ci governano e con i tanti eletti in Parlamento, che sembrerebbe abbiano trovato il pozzo di San Patrizio e, continuano a raccontarci le loro quotidiane filastrocche, ci sentiamo in dovere di regalargliene una per l’occasione : “nel paese della bugia, la verità è una malattia” (grazie Gianni Rodari).

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