Il lavoro stagionale in Italia

0
66
restaurant manager and his staff in kitchen. interacting to head chef in commercial kitchen

È bello godere del mare, del sole e del turismo. Si, è bello quando tu stesso sei il turista. La situazione cambia quando sei un lavoratore, magari stagionale, con stipendi bassi e nessuna garanzia. In questo caso la situazione inizia a prendere una direzione sinistra, quella dello sfruttamento.

I problemi del lavoro stagionale

. Gli imprenditori danno la colpa al reddito di cittadinanza, o almeno è quello sui cui hanno puntato il dito fino l’anno scorso, poiché ad oggi non esiste più. I dati però suggeriscono che siano più le condizioni di lavoro offerte a essere responsabili di questa crisi.  Parliamo dei dipendenti. Di questi, circa un terzo sono camerieri, mentre i restanti sono cuochi, baristi, receptionist, animatori turistici e agenti di viaggio. Ha fatto notizia anche Gardaland, che ha comunicato la chiusura anticipata di 13 attrazioni nella fascia serale (19-23), a causa di mancanza di persone da impiegare all’assistenza, come riporta l’agenzia stampa Ansa.

Si tratta di una vera e propria emergenza. Ma quali sono i fattori scatenanti? Questo tipo di lavoro, oltre a essere poco remunerativo è soprattutto faticoso e precario: il problema, più esteso e radicato di quanto si racconti in Italia, è il segnale di alcuni significativi cambiamenti che riguardano i diritti e le esigenze dei lavoratori, e in definitiva il ruolo del lavoro nella vita delle persone. Se consideriamo che spesso e volentieri un lavoratore stagionale, oltre a percepire per lo più (non sempre) uno stipendio basso, ore lavorative in più rispetto ai patti contrattuali, alcuni di loro devono fare i conti con le trasferte. Si, perché molti giovani e non, non abitano nei luoghi vacanzieri e si devono spostare appositamente per la stagione, che dura solitamente da aprile/maggio fino ad ottobre. La domanda dunque sorge spontanea, chi paga l’alloggio?

In molti casi è offerto dagli imprenditori, che stipulano accordi con delle strutture, molto spesso poco idonee ad essere abitate, “sistemando” i lavoratori in 5 in una stanza. Ma altre volte no. Ipotizzando questo caso, se i dipendenti dovessero sostentarsi autonomamente, percependo un reddito di circa 1.200 euro mensili e calcolando gli affitti delle stanze in zone turistiche, che non hanno la nomea di essere vantaggiosi, rimarrebbero con pochi soldi in tasca. Il problema è tutto qui. Il gioco, per molti di loro, non vale la candela.

Se a tutto ciò aggiungiamo l’aggravante che non imparano granché dal mestiere a causa della troppa stanchezza e che una volta arrivato il mese di ottobre si ritorna a casa, che senso avrebbe il sacrificio?

Luana Agostini, Segretaria Generale della Filcams Cgil (Commercio e Servizi) Ascoli Piceno spiega: ”La situazione legata al mondo che ruota intorno alla stagione estiva ci preoccupa altamente. Parliamo di migliaia di lavoratori che ogni anno prestano servizio in tantissime attività e che esercitano con professionalità i propri ruoli nel costruire la cornice stessa dell’attività turistica: ristorazione, commercio, ma non solo, addette alle pulizie negli alberghi. Per tutti queste lavoratrici e lavoratori, che non sono stati richiamati nell’attività, ad oggi non è prevista alcun tipo di tutela.”

La ristorazione Post Covid

Sia in Italia sia in altri paesi c’è una percezione abbastanza condivisa del fatto che la pandemia abbia accelerato processi che erano iniziati da tempo. L’equilibrio tra datori di lavoro e stagionali si è modificato perché in parte sono cambiate le priorità: c’è più attenzione nei confronti del tempo da dedicare al riposo e allo svago, alla necessità di conciliare in modo più sereno e soddisfacente la propria vita privata con il lavoro. Ristoratori e albergatori che non sono disponibili a organizzare il lavoro in modo diverso hanno quindi più probabilità di ricevere un rifiuto, con conseguenze per la loro attività: senza gli stagionali è molto difficile garantire i servizi ai clienti. «Il problema non è che mancano gli stagionali, è che mancano persone disponibili a fare gli schiavi per sei mesi», dice Valerio Beltrami, presidente nazionale dell’AMIRA, l’associazione maîtres italiani di ristoranti e alberghi.

Contributo esterno

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui