Donald Trump è pronto a entrare in guerra. È questo il messaggio che filtra dopo una lunga riunione nella Situation Room della Casa Bianca con i principali consiglieri per la sicurezza nazionale. La possibilità che gli Stati Uniti partecipino direttamente al conflitto tra Israele e Iran si fa sempre più concreta, mentre Teheran annuncia ritorsioni e minaccia le basi statunitensi nel Medio Oriente.
Trump valuta un attacco all’Iran: si alza il livello dello scontro
Secondo fonti vicine all’amministrazione, durante l’incontro Trump ha analizzato una serie di opzioni militari che includono anche un attacco diretto contro l’Iran. A rivelarlo sono funzionari Usa citati dal Wall Street Journal. “Sappiamo dove si trova Khamenei – avrebbe detto il tycoon – ma per ora non lo eliminiamo. La resa dell’Iran deve essere incondizionata”.
Una dichiarazione che segna un’escalation retorica e militare. Trump, già impegnato a gestire proteste interne e tensioni internazionali, starebbe quindi valutando di portare gli Stati Uniti direttamente in guerra, rompendo la linea di contenimento seguita finora. Il conflitto tra Israele e Iran potrebbe quindi diventare regionale o addirittura globale.
L’Iran prepara missili contro le basi americane
Secondo quanto riportato dal New York Times, Teheran avrebbe già predisposto missili a corto e medio raggio, pronti a colpire le installazioni militari americane in Iraq, Kuwait, Bahrein e Qatar nel caso in cui Washington decida di intervenire militarmente. Rapporti dell’intelligence statunitense avrebbero rivelato che l’Iran ha posizionato questi armamenti in aree strategiche e che unità delle Guardie Rivoluzionarie sono già in stato d’allerta.
Lo Stretto di Hormuz a rischio: possibile blocco navale
Sempre secondo fonti americane, l’Iran starebbe valutando anche la possibilità di minare lo Stretto di Hormuz, uno dei punti di transito marittimo più cruciali al mondo per il commercio di petrolio. La strategia iraniana mira a impedire l’accesso delle navi militari americane nel Golfo Persico, provocando al tempo stesso un potenziale collasso economico globale.
L’eventuale blocco dello Stretto è considerato dagli analisti uno scenario da “crisi energetica mondiale”, che costringerebbe le maggiori potenze a un’azione immediata.
Macron contro l’intervento armato: “Errore tentare un cambio di regime”
Nel pieno dell’escalation, il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato un monito a Washington e Tel Aviv: “Tentare un cambio di regime in Iran sarebbe un errore drammatico. La storia ci insegna che la destabilizzazione dell’intera regione non porta mai a esiti positivi”. Il leader francese ha poi chiesto una de-escalation immediata e un ritorno al dialogo multilaterale.
Reazioni in Europa: “Israele fa il lavoro sporco per l’Occidente”
In Germania, Friedrich Merz – leader della CDU – ha affermato che “Tel Aviv sta facendo il lavoro sporco che altri paesi occidentali non hanno il coraggio di fare”. Una frase che ha suscitato divisioni nell’opinione pubblica tedesca, ma che evidenzia la complessità geopolitica della situazione.
Mosca, da parte sua, ha lanciato l’allarme: “L’escalation in corso potrebbe sfociare in un disastro nucleare”, ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri russo.
Trump pronto a entrare in guerra: decisione imminente?
La domanda ora è se Donald Trump sarà davvero pronto a entrare in guerra con l’Iran. Gli scenari sul tavolo sono molteplici, ma l’opzione militare è ora più concreta che mai. L’eventuale coinvolgimento diretto degli Stati Uniti cambierebbe radicalmente le sorti del conflitto in Medio Oriente, aprendo le porte a un’escalation senza precedenti dalla crisi del Golfo del 1990.
Secondo alcuni analisti, Trump potrebbe usare la crisi anche per rafforzare la propria leadership interna, facendo leva sull’emergenza per consolidare il consenso in vista delle presidenziali del 2026. Tuttavia, il rischio di un allargamento del conflitto resta altissimo, così come la possibilità che altri attori – come la Cina – decidano di intervenire per difendere i propri interessi nell’area.
contributo esterno