Ieri mattina a Roma nella splendida cornice della Chiesa degli Artisti in Piazza del Popolo, in concomitanza con la Giornata Internazionale dei Peacekeeper istituita dalle Nazioni Unite nel 1948, con una conferenza stampa di presentazione, si è tenuto il vernissage di “Pop Peace of Art”, la grande opera per la pace, pensata, creata e dipinta su di una superficie di 10 metri di lunghezza per tre di altezza, da 11 artistidell’arte contemporanea italiana ed europea del “Silver Studio Art Factory”, guidati da Fabio Ferrone Viola. L’opera rimarrà visitabile fino al 21 giugno.
L’evento è stato patrocinato dalla Pontificia Academia Theologica, presieduta da S.E.R. Antonio Staglianò, illustre vescovo e teologo di fama internazionale, Rettore della Chiesa degli Artisti e autore della Pop Theology, nuovo linguaggio di evangelizzazione sapienziale, creativa, solidale e concurante della dottrina e dell’esempio del Cristo.
La mostra è stata organizzata con la cura esperta e l’advisoring artistico di Simona Brusa e il concept design del prof. Mauro Alvisi, interlocutore referente della Pontificia Academia Theologica e autore del premiato saggio “Trattato Generale Della Concuranza”.

Molto profondo ed apprezzato il messaggio di pace che S.E.R. Antonio Staglianò, approfittando del grande valore simbolico dell’opera, ha voluto lanciare al folto pubblico, tra cui esperti, professionisti ed artisti, presente all’inaugurazione, ricordando che la pace va sempre cercata, perché c’è sempre, anche quando non riusciamo a vederla (quasi al pari della fisica quantistica); l’arte, la musica e la pop theology possono aiutarci in questo percorso, con un nuovo linguaggio di evangelizzazione sapienziale, creativa e solidale.

Mauro Alvisi ha voluto ricordare che l’approccio alla concuranza non può che partire dal contesto in cui oggi vive l’umanità, caratterizzato da: “l’incertezza per il presente e futuro causato dalle crisi strutturali dell’economia e dal proliferare di mortiferi conflitti locali, d’area, continentali, etnici, religiosi e potenzialmente mondiali”.

La noncuranza del super IO – aggiunge l’insigne accademico pontificio – ha generato povertà, diseguaglianze profonde tra una minoranza, sempre più esigua che detiene pressoché tutte le risorse materiali ed immateriali del pianeta, e una vastissima maggioranza, che ne è privata, che muore letteralmente di fame o sopravvive a malapena. Ecco perché – conclude Mauro Alvisi – occorre promuovere un nuovo paradigma dell’intelligenza sociale, quello della “Concuranza”: “ Fra tutti gli antesignani e precursori illustri inconsapevoli del nuovo paradigma della Concuranza, ma che sulla Concura hanno basato il loro impegno di vita – ricorda Mauro Alvisi – si può ascrivere a pieno titolo Papa Francesco, il Papa venuto da lontano, destinato a modificare oggi e in futuro la vita non solo della chiesa e della cristianità, ma, se si considera il contenuto della Enciclica Laudato sii, di tutto il mondo. Un esempio mirabile di Concuranza apostolica, pensata e agita”.
Il significato di “Pop Peace of Art”: la parola ai protagonisti
“Tutti noi sentiamo il desiderio di esprimere qualcosa sulla precarietà, agiamo nella direzione comune di sensazioni di incertezza e di instabilità su ciò che riguarda il mondo, l’ambiente, il progresso, la ricerca della pace”. Con queste parole, Fabio Ferrone Viola motiva la genesi di “Pop Peace of Art”, grandiosa opera collettiva realizzata insieme a dieci artisti appartenenti al Silver Studio Art Factory, laboratorio creativo ideato dallo stesso Ferrone – mente propulsiva del gruppo e già inserito nella corrente della “Junk Art” – con l’obiettivo di sperimentare e promuovere nuovi progetti attraverso la mescolanza di stili e materiali diversi, anche di riuso, ma sempre nell’ottica di un’arte legata alla sostenibilità e al rispetto per l’ambiente.
“Pop Peace of Art” è un’opera collettiva, che nasce da un laboratorio permanente di intelligenza sociale che vuole essere “la concuranza per la pace”. Un melting pot di stili e materiali fusi dalla viva emozione scaturita dalla guerra in Ucraina, poi tragicamente seguita da quella in Medio Oriente.
Maturata, quindi, dopo lo sconvolgimento interiore vissuto dall’artista in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, “Pop Peace of Art” vede coinvolti, nella realizzazione, oltre a Ferrone, la pittrice e scultrice Cristiana Pedersoli, figlia del grande Carlo, per tutti Bud Spencer, tre nomi rappresentativi della corrente Neo-Pop quali il siciliano Biagio Castelletti e i romani Luigi Folliero e Daniele Meli Salvadori (in arte Book), Irem Incedayi, di origini turche, figlia del celebrato Timur K. Incedayi, firmatario della corrente artistica “Il Metropolismo”, il pop/street artist Pennyboy (all’anagrafe Emanuele Pennazza), il pittore e scultore (nomen omen…) Michelangelo Valenti, l’artista in “viaggio” Valentina Mori, la pittrice figurativa Valeria Magini e l’alchimista della materia Micaela Legnaioli.

“Ciascuno di noi – commenta lo stesso Ferrone – interviene sull’opera con il suo proprio stile, così che non si evidenzia un’unica mano creativa ma la fusione di più mani, ognuna delle quali perfettamente riconoscibile”.
Simona Brusa, nella sua presentazione artistica, ha volto ricordare la genesi dell’opera, che ha visto la partecipazione di ben 11 artisti, mossi dal desiderio di farsi promotori di un cambiamento radicale delle coscienze e profondamente convinti che solo dal confronto e dalla sinergia possa innalzarsi un grido adeguato e potente nel frastuono della guerra. L’avvio del percorso artistico avviene nel luglio del 2022, quando gli 11 artisti, incontrandosi, iniziano a dipingere la monumentale tela (10 metri di lunghezza per 3 metri di altezza), montata su due telai di legno da cinque metri ciascuno, realizzati con pannelli in compensato e travi unite a croce.
Nel solco delle imponenti opere di condanna della follia della guerra quali “Guernica” di Picasso e il “Grand tableau antifasciste collectif” ideato da Jean-Jacques Lebel insieme ad altri artisti nel 1960, ma costruita attraverso l’improvvisazione di una jam session di stampo jazzistico dove ogni artista dialoga, attraverso il proprio strumento, con ciascuno degli altri, “Pop Peace of Art” – ricorda Simona Brusa – si presenta come un muro dilaniato dai bombardamenti bellici lungo il quale si dipanano, a volte si sovrappongono, visioni, orrori e speranze partorite dalle menti creativi dei singoli artisti, senza alcuna soluzione di continuità visiva e morale.
Nella visione, ove si fondono dolore e speranza, gli artisti coinvolgono chi osserva a divenire parte attiva di una percezione cosciente e concurante in grado di orientare le coscienze verso la pace, verso la fine di ogni evento bellico, lo stesso pensiero che ha animato la vita e le ultime parole di Papa Francesco.
Dal muro di graffiti ad un ponte per la pace
Un muro di graffiti per costruire la pace con i colori dei pennelli, dei tanti simboli di rinascita di una grande prova di creatività collettiva, perché la pace è una conquista condivisa, un’opera d’arte. “Pop Peace of Art” promette d’essere un contenuto contenente altri contenuti, come una matrioska che unisce Mosca a Kiev e Gaza al mondo – matrice di un coinvolgente gioco all’eliminazione dei conflitti armati.
Ma il dialogo non è solo tra gli artisti, esso è principalmente finalizzato al coinvolgimento dell’osservatore che viene sollecitato a divenire parte attiva nella creazione di un canale comunicativo in grado di orientare la propria coscienza. Il gigantismo stesso dell’opera, l’enorme estensione orizzontale della tela, definisce infatti uno spazio che si eleva a portatore di valori politici e di una complessa visione del mondo, allo stesso tempo così tragica ma eroica, così orrorifica ma non priva di speranza, che il pubblico non può rimanerne indifferente.
Ancora una volta, quindi, il muro. Il muro di graffiti come leitmotiv della tela e dell’intera concezione visiva dell’opera. Il muro come citazione dei tanti muri che hanno fatto la storia: la parte superstite del muro di Berlino, quello di John Lennon a Praga, i muri del pianto sparsi per il mondo. Il muro come luogo eletto della parola, spazio dialogico dove manifestare i propri princìpi ed incidere i simboli della pace e dell’amore. Il muro, dunque, come gigantesca tela dalle dimensioni di una parete: qui il Silver Studio Art Factory ha desiderato lasciare testimonianza artistica del proprio dissenso e orrore nei confronti della guerra, qui ha inteso esprimere i propri sentimenti di vicinanza a chi ne è stato colpito, qui ha voluto innalzare il proprio grido di speranza per un futuro migliore.
Davvero significative ed evocative di speranza le conclusioni di Simona Brusa, che ha curato l’advisoring artistico della mostra:“ Se “La bellezza salverà il mondo”, gli artisti creatori di “Pop Peace of Art” ne saranno gli alfieri perché propugnano la cultura, che in sé presuppone bellezza, come unica arma contro il progressivo decadimento della civiltà e la prevaricazione dell’interesse singolo sul bene comune, perché hanno la consapevolezza che la creazione artistica possa avere una duplice valenza di denuncia e di educazione, e perché credono fermamente che l’arte possa, con la sua bellezza e forza rigenerante, smuovere le coscienze e, come fine ultimo, salvare il mondo in cui viviamo”.
L’evento romano, molto partecipato, ha visto la presenza di professionisti, imprenditori ed esponenti di rilievo del mondo artistico, tra cui: Alessandra Torrisi, designer di fama internazionale, Romina Caruana, nota attrice e produttrice cinematografica, Monica Vallerini, attrice, sceneggiatrice e presentatrice televisiva, l’intramontabile Andy Luotto e Manuela Balsamo, imprenditrice e figlia della famosa editrice, giornalista e produttrice cinematografica Adelina Tattilo.
