di Martina Pepe
Il Mezzogiorno d’Italia rappresenta un contesto complesso, dove ritardi storici e strutturali si intrecciano con un potenziale umano e culturale spesso sottovalutato. Tra le sfide più importanti c’è il rapporto tra università e imprese, un legame che, se rafforzato, può diventare una leva fondamentale per rilanciare l’economia e il tessuto sociale del Sud.
Le università meridionali, come quelle di Napoli, Bari, Palermo o Catania, producono ricerca di alto livello e formano migliaia di giovani laureati ogni anno. Tuttavia, questo capitale umano e scientifico spesso fatica a tradursi in innovazione applicata. Il mondo produttivo locale, soprattutto le piccole e medie imprese, tende a rimanere scollegato dagli atenei, perdendo così opportunità di crescita e sviluppo. Questo disallineamento contribuisce anche a un fenomeno noto e preoccupante: la fuga dei cervelli, che impoverisce ulteriormente il territorio di competenze preziose.
Il problema non è solo tecnico ma culturale. Come evidenziato dal sociologo Aldo Bonomi, nei territori a basso sviluppo manca spesso una “cultura della rete”, cioè una mentalità che favorisca la collaborazione stabile tra università, imprese, istituzioni e comunità. Le imprese guardano spesso all’università come a un mondo distante, mentre gli atenei faticano a comunicare in modo efficace con le imprese e il territorio. Questo ostacola il trasferimento tecnologico e la creazione di nuove imprese innovative.
La letteratura sullo sviluppo locale, a partire da studiosi come Albert Hirschman, sottolinea l’importanza di valorizzare le risorse endogene, cioè quelle proprie di un territorio, per costruire uno sviluppo sostenibile. Le università sono una di queste risorse immateriali fondamentali: non solo luoghi di formazione, ma anche motori di innovazione e cultura. Il concetto di “terza missione” dell’università, introdotto in Italia negli ultimi decenni, ne sottolinea proprio il ruolo sociale e territoriale, accanto alle tradizionali funzioni di insegnamento e ricerca.
Per migliorare il rapporto università-imprese nel Mezzogiorno servono interventi su più livelli. Da un lato, è necessario investire nel capitale umano, favorendo percorsi di formazione che integrino didattica e lavoro, come tirocini, dottorati industriali e incubatori di startup. Dall’altro, bisogna stimolare le imprese a innovare, offrendo incentivi economici e semplificando le procedure burocratiche che spesso rallentano i processi di collaborazione.
Inoltre, è fondamentale che le istituzioni pubbliche giochino un ruolo da facilitatrici, promuovendo politiche di lungo periodo e superando la logica dell’intervento emergenziale. Solo così si potrà costruire un ecosistema dell’innovazione stabile e dinamico, capace di valorizzare le specificità del Mezzogiorno.




