Giacomo Tortu, fratello e manager di Filippo Tortu, ha pagato 10.000 euro all’agenzia informatica Equalize per accedere illegalmente ai dati di Marcell Jacobs e del suo staff tecnico. Il Tribunale Federale della FIDAL ha ritenuto “gravissima” la sua condotta, condannandolo a 36 mesi di squalifica e inibizione, mentre la Procura di Milano prosegue le indagini sul fronte penale.
Il mondo dell’atletica italiana è stato scosso da una vicenda che va oltre le corsie e le competizioni, portando alla luce un confine fragile tra rivalità sportiva e perdita di misura.
Antefatti della vicenda
La storia emerge pubblicamente a febbraio 2025, quando articoli di testate nazionali — in particolare Il Fatto Quotidiano e Il Corriere della Sera — riportano che Giacomo Tortu avrebbe pagato una società informatica/investigativa per ottenere accesso illecito a dati privati di Marcell Jacobs e del suo staff. Le rivelazioni furono trasmesse ufficialmente alla Segreteria Generale della FIDAL, che le passò alla Procura Federale per valutare eventuali responsabilità sportive disciplinari.
Nel corso delle indagini sono emersi diversi elementi chiave:
Tortu avrebbe contattato l’agenzia Equalize, dietro pagamento di circa 10.000 euro, per ottenere informazioni riservate su chat, telefonate ed esiti di analisi mediche tra Jacobs e il suo staff (allenatore Paolo Camossi, manager Marcello Magnani, nutrizionista Giacomo Spazzini).
L’ex poliziotto Carmine Gallo (deceduto nel marzo 2025) risulta coinvolto come intermediario, presentando Tortu a hacker e tecnici informatici, tra cui l’ingegnere informatico Gabriele Pegoraro, con capacità di accesso illecito ai dispositivi.
Dopo il pagamento, le informazioni raccolte non furono consegnate integralmente: la chiavetta USB risultò vuota, e Gallo avrebbe lamentato la “brutta figura” nei confronti di Tortu.
Nei file sequestrati alla società Equalize e ai dispositivi degli hacker sono state rinvenute tracce di accessi non autorizzati ai telefoni di Jacobs e del suo entourage.
Da questi elementi, l’organo disciplinare della FIDAL ha avviato un procedimento sportivo parallelo all’indagine penale della Procura di Milano.

Il caso
Secondo gli atti federali, Tortu aveva l’obiettivo di ottenere informazioni riservate che potessero mettere in discussione la credibilità sportiva di Jacobs. Equalize sarebbe riuscita a reperire parte dei dati, ma Giacomo Tortu non ne avrebbe mai avuto il contenuto. La chiavetta USB consegnata risultò vuota.
Il Tribunale ha sottolineato: “La semplice commissione dell’operazione, anche se senza fruizione concreta dei contenuti, costituisce violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità sportiva.” La sanzione di 36 mesi rappresenta la pena massima prevista dal regolamento per questa tipologia di infrazione. La Procura Federale aveva richiesto la radiazione, ma il Tribunale ha ritenuto questa misura eccessiva: “Pur riconoscendo la gravità dell’illecito, la radiazione è ritenuta misura eccessiva; la sanzione di squalifica e inibizione appare proporzionata alle circostanze.” Il documento ufficiale precisa inoltre: “Si esclude ogni responsabilità di Filippo Tortu e della società Raptors Milano, dichiarandoli estranei ai fatti contestati.”
La condanna comporta la decadenza da ogni incarico federale per Giacomo Tortu, durante il periodo della sanzione quindi Giacomo Tortu non potrà svolgere alcuna attività in ambito FIDAL, né accedere ai campi di gara o di allenamento. Il Tribunale Federale ha definito la condotta di Giacomo Tortu: “gravissima, caratterizzata da intenzionalità e premeditazione, in palese contrasto con i principi dello sport leale.” Ha inoltre richiamato la violazione degli articoli 1, 2, 3 e 4 del Codice Etico FIDAL, che sanciscono: “i principi fondamentali di lealtà, correttezza e probità nello sport.”
Reazioni
Sul piano umano, la vicenda lascia un’ombra difficile da ignorare. Marcell Jacobs ha scelto il silenzio, limitandosi a ribadire fiducia nella giustizia sportiva. Filippo Tortu ha espresso amarezza ma anche distanza dai fatti ma questa vicenda ricorda quanto fragile possa essere il confine tra competizione sportiva e comportamenti illeciti, in un momento in cui l’atletica italiana sembrava ritrovare unità e slancio.
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