La dottrina sociale del pensiero divergente e concurante

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La lectio magistralis del card. Pietro Parolin

di Mauro Alvisi

In un sistema di esistenze ed inter-esistenze apparentemente e virtualmente connesse ma nei fatti mai più isolate di oggi, dove noi umanoici (termine da attribuire al giornalista e scrittore reggino Raffaele Mortelliti autore di L’umanoico Edizioni Parallele) esseri ibridati dalla tecnologia, tra uomo ed elettronico, fatichiamo a trovare un “centro di gravità permanente”, come cantava il maestro Battiato, il fenomeno della discesa nelle piazze di una massa inusitata e abnorme di persone di tutte le generazioni, in Italia, per manifestare un disagio, un dissenso, una distanza popolare dall’evidente noncuranza istituzionale verso il genocidio del popolo palestinese, necessita di una attenta e non superficiale lettura, nel merito e nel contesto. Il pensare, mono-direzionato e militante, che la protesta allargata all’intero Paese possa ridursi ad una orchestrazione politica avversa, ad una regia delle forze sindacali antagoniste al governo attuale, è nei fatti grossolanamente riduttivo e fuorviante.

Il fenomeno della Global Sumud Flotilla

Certamente le vicende della Global Sumud Flotilla, cronaca in tempo reale di una rivisitazione social mediatica, simbolica e umanitaria, dello sbarco dei mille in acque internazionali, piratescamente e territorialmente governate dallo sbarramento della marina israeliana e per questo prevedibilmente neutralizzata, anche se a poche decine di miglia dalla costa di Gaza, hanno finito per incendiare ulteriormente gli animi degli italiani poi scesi in strada.

Global Sumud Flotilla in navigazione verso Gaza

Ma si è trattato di un innesco che ha dato fuoco alle tante polveri che covavano sotto i tappeti di una apparente narcosi e paralisi emotiva del Paese. Come sempre, da sempre, nelle manifestazioni di piazza convive il peggio insieme al meglio della sollevazione popolare. Lo descriveva il Manzoni nei Promessi Sposi, e dopo secoli, mutatis mutandis, il risultato è simile. Un gruppo di facinorosi, di Black Block, ha messo a ferro e fuoco le nostre città e i principali centri urbani, alzando la palla a chi attendeva una facile schiacciata senza muro, sul terreno forzoso e forzato di una lettura anti governativa e violenta della partecipazione popolare. L’onestà intellettuale ci impone analiticamente tutt’altra narrazione di quanto accaduto. La coscienza di un’anima collettiva, finalmente concurante e cooperante, si è all’improvviso destata, come d’incanto dall’incantesimo, dal doping mediatico somministrato da quel servizio pubblico radiotelevisivo, che ormai sembra essersi votato al servizio di una democratura (dittatura democratica o democrazia sintetica, M.Alvisi Scongiurare l’abisso, collana scientifica liber, Callive-Liber edizioni 2025) di palazzo, più che al sistema democratico di chi ancora ne paga il canone. Il moto popolare ha colto impreparate le stesse strutture del governo e del presidio istituzionale della nostra Repubblica. La premier, così come l’intera squadra dei dicasteri preposti, si è rifugiata in una difensiva, marcatamente sussiegosa, tacciando spesso con epiteti indecorosi e devianti, provocatori e irresponsabili, i milioni di famiglie e individui di ogni generazione in pacifico cammino di protesta per le strade e le piazze dello stivale. Scordando che, spesso e volentieri, proprio per fare la storia, occorra esserlo provocatori e irresponsabili.

Il pensiero divergente di Parolin

Tutto sembrava destinato a passare in cavalleria, se non fosse che un’intervista di una settimana fa, concessa dal Card. Pietro Parolin, segretario di stato vaticano, al Fatto Quotidiano, sia stata in grado, come emerge chiaramente, di scoperchiare proverbialmente le pentole del diavolo.

Il Cardinale Pietro Parolin (Segretario di Stato Vaticano)

Cosa ci dice Parolin?

Inizia col benedire il moto plebiscitario delle piazze per Gaza, denunciando l’ipocrisia della comunità internazionale. Lo dice a chiare lettere il primo ministro di uno Stato e di un credo religioso, colui che è la massima espressione morale, politica e diplomatica del governo della chiesa cattolica e di un miliardo e mezzo di fedeli nel mondo, secondo solo al pontefice Leone XIV, il padre spirituale. Sottolineando, nel titolo di testa dell’intervista, che: “Il piano Trump per la pace in Medioriente deve coinvolgere i palestinesi”, riconoscendo palesemente la Palestina come soggetto nazione del negoziato di pace. E siamo solo agli inizi. Poi comincia a spingersi oltre la soglia del politically correct, affermando: “Siamo preoccupati delle posizioni di Israele. Inaccettabile ridurre le persone a vittime collaterali. Persone uccise mentre cercavano di raggiungere un tozzo di pane, rimaste sepolte sotto le macerie delle loro case, bombardate negli ospedali e nelle tendopoli”. Si chiama Pietro, signore e signori, e le sue parole sono pietre scagliate contro la macchina della copertura pseudo pacificante, del verosimile sostituito al vero. Denunciano la volontà distruttiva pianificata in modo disumano, quindi immorale, di una nazione egemone verso un popolo inerme, che non può essere considerato vittima accidentale di un conflitto convenzionale. E continua il suo outing, sparigliando il pensiero militante, da qualunque parte o fazione agito e lanciato in dichiarazioni a mezzo stampa e in interventi audio e video registrati, con il suo pensiero divergente: “Mi colpisce positivamente la partecipazione alle manifestazioni e l’impegno di tanti giovani. E’ il segno che non siamo condannati all’indifferenza. Dobbiamo prendere sul serio quel desiderio di pace, quel desiderio di impegno. Ne va del nostro futuro, ne va del futuro del nostro mondo”.

Concuranza e Pop Theology a difesa della pace

Quale migliore rilancio mondiale della distanza siderale dalla noncuranza imperante che l’affermazione empirica del paradigma della “Concuranza”? (Trattato Generale della Concuranza Alvisi 2022). Parolin dimostra di intelleggere il manifestarsi dell’intelligenza sociale, a difesa del bene collettivo della pace, nel rinnovato impegno concurante delle nuove generazioni. Vox clamantis in deserto si adatta perfettamente a questo suo pieno appoggio al sentimento popolare. Nel segno della dottrina sociale della chiesa che prese piede da Leone XIII, nel solco tracciato dalla Laudato sì’ di Papa Francesco e nella scardinante visione teologica sapienziale della Pop Theology di S.E.R. Antonio Staglianò, Presidente della Pontificia Accademia di Teologia e Rettore della Chiesa degli Artisti in Roma. Una voce tutt’altro che isolata all’interno della Conferenza Episcopale Italiana guidata dal Card. Matteo Zuppi.

S.E.R. Mons. Antonio Staglianò (Presidente Pontificia Accademia di Teologia)

La Conferenza Episcopale Italiana: futuro sinodo delle aree interne

Il pensiero di Parolin getta luce nelle nebbie dei troppi pavidi silenti, di cui si popola il mondo, di chi tace e ha le responsabilità decisionali più alte e universalmente incisive. Non è ancora il tracciato sinodale di un nuovo cattolicesimo agentivo, ma ha tutte le potenziali caratteristiche per diventarlo nel tempo. E i segni di una capacità di intervento propositivo e divergente, di un pensiero sociale critico della chiesa, nelle vicende della politica più nobile e costruttiva, sono tutt’altro che rari quadrifogli. Lo dimostra il documento (la lettera aperta dei Vescovi, dal titolo: “Uno sguardo diverso”) di forte dissenso e rilancio modificante, di quasi 150 vescovi di santa romana chiesa, intercettato, rivolto alle massime Istituzioni Nazionali, siglato a Benevento lo scorso 26 agosto dal Cardinale Zuppi e consegnato all’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Aree fragili, Isole minori”, presieduto dall’on. Alessandro Caramiello e rappresentato, al “Forum dei Vescovi delle Aree interne”, dal Presidente del Tavolo Tecnico del medesimo Intergruppo Parlamentare, l’economista  Giovanni Barretta, che poi lo ha posto all’attenzione del Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti di Camera e Senato.

Alessandro Caramiello (Presidente dell’Intergruppo parlamentare “Sviluppo Sud, Aree fragili e Isole minori)
Mons. Felice Accrocca (nella foto a sinistra) consegna a Giovanni Barretta (Presidente del Tavolo tecnico dell’Intergruppo parlamentare “Sviluppo Sud”) la lettera dei Vescovi italiani

Risultato? Lo stralcio di quel passaggio infelice del PNSAI (Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo delle Aree Interne – 2025) dopo il deciso no, al suicidio assistito della tradizione identitaria nazionale, all’eutanasia dei piccoli borghi, minacciati, a sud come a nord e nelle isole minori, dal devastante spopolamento del territorio. Dall’assenza della politica della speranza, di fatto un annunciato tradimento dell’identità nazionale e della storia patria, questa azione di interlocuzione trasversale, intrapresa dall’Intergruppo Parlamentare e appoggiata dalla CEI, ha promosso e mostrato la validità integrale di una nuova speranza nella politica. E’ la spes contra spem, o anche spes ultima dea come dicevano i latini, riferendosi al mito di Elpis. Ciò che il segretario di stato vaticano vede fuoriuscire dal vaso della mediocre ipocrisia. E che lui stesso identifica in “…una maggioranza silenziosa, composta anche di tanti giovani, che non si arrende a questa disumanità”.

La tragedia di Gaza e il nuovo impegno sociale attivo della cristianità

E mentre lo afferma, invita la cristianità intera all’azione: “Pensare che il nostro ruolo, come cristiani, sia quello di rinchiuderci nelle sacrestie, lo trovo profondamente sbagliato. La preghiera chiama anche ad un impegno, a una testimonianza, a scelte concrete”. Inevitabile andare con la memoria canora al libertà è partecipazione di Gaber. Il monito di S.E. Pietro il veneto si alza nettissimo quando afferma: “Rischiamo di assuefarci alla carneficina”, denunciando a chiare lettere come: “a Gaza la situazione è ancora più grave e tragica rispetto a un anno fa, dopo una guerra devastante che ha mietuto decine di migliaia di morti. E’ necessario recuperare il senso della ragione, abbandonare la logica cieca dell’odio e della vendetta, rifiutare la violenza come soluzione”. Sono le parole di una altissima autorità ecclesiastica ma sembrano anche quelle di un illuminato statista. Se l’uomo perde il senso della ragione, nessuna ragione ha più un vero senso. Più chiaro di così. Anche il diritto di risposta di Israele al tragico eccidio di massa del 7 Ottobre trova spazio nella sua uscita a mezzo stampa. “È diritto di chi è attaccato difendersi, ma anche la legittima difesa deve rispettare il parametro della proporzionalità”.

Ma Israele è andato oltre ogni soglia di azione-reazione, che: “…ha avuto conseguenze disastrose e disumane”. Parolin è profondamente colpito e afflitto dal” …conteggio quotidiano dei morti in Palestina, decine, anzi a volte centinaia al giorno, tantissimi bambini, la cui unica colpa sembra essere quella di essere nati lì”. Inutile mi sembra riportare l’intero contenuto del suo j’accuse verso l’indifferenza palese di larga parte della comunità internazionale verso la strage di vite umane in atto. Una comunità internazionale, nessun governo escluso (pertanto nemmeno il nostro), che: “…può fare molto di più rispetto a ciò che sta facendo. Non basta dire che è inaccettabile quanto avviene e poi continuare a permettere che avvenga”. Eccola qui la forza cristica di cacciare i mercanti (d’armi, di morte e melense quanto rassicuranti notizie spacciate per vere, nel caso specifico) dal tempio.

Parolin e una nuova leadership multipolare della pace di Leone XIV

Il piano di Trump per la pace a Gaza e nei territori occupati?

Qui il segretario di stato vaticano opera un raffinato sillogismo nell’ars retorica, parlando a suocera perché nuora intenda. Qualunque piano, che coinvolga le parti e che avvii un reale percorso di pace è auspicato dal Santo Padre. A patto come ribadisce Parolin che: “coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni sul proprio futuro”, da qualunque tavolo provenga la proposta, “è sempre da accogliere e sostenere”. Quello di Donald Trump non costituisce certo eccezione.

Il meta-messaggio di Parolin

Se quanto rilasciato ad un quotidiano smaccatamente antigovernativo – come quello che ha raccolto l’esternazione quasi ruvida, la paternale pastorale impartita ai grandi della terra dal sommo cardinale – fosse stato il contenuto di un discorso alla nazione cristiana dei cattolici pronunciato da un leader politico internazionale, avremmo probabilmente tutti parlato di una memorabile, lucida e visionaria orazione politica. E se così fosse davvero? E se il segretario di stato vaticano avesse inteso varcare, senza preavviso, la sottile soglia, il limen invalicabile che separa il sacro dal profano agire? Risvegliando non solo le narcotizzate coscienze ma al contempo il fuoco, mai del tutto spento, di un impegno politico rinnovato dei cattolici e dei cristiani tutti nel mondo?