Un sospiro di sollievo, tanto profondo quanto incerto, attraversa il Medio Oriente e le cancellerie internazionali. Dopo dodici giorni di un’escalation militare che ha tenuto il mondo con il fiato sospeso, una tregua tra Iran e Israele è entrata in vigore.
Un cessate il fuoco fragile, segnato da immediate accuse reciproche di violazione, ma che porta la firma ingombrante e lo stile inconfondibile dell’ex presidente americano Donald Trump, che si è ritagliato un ruolo da protagonista assoluto nella mediazione.
L’annuncio di Trump e la fine della “Guerra dei 12 giorni”
È stato proprio Donald Trump, attraverso il suo social network Truth, ad annunciare al mondo l’accordo raggiunto: “Congratulazioni a tutti! È stato pienamente concordato da e tra Israele e Iran che ci sarà un cessate il fuoco completo e totale”. Trump ha poi rivendicato con orgoglio il suo intervento, dichiarando: “È stato un grande onore distruggere tutti i siti nucleari e poi fermare la guerra!”.
Le sue dichiarazioni, a tratti iperboliche, hanno dominato la scena. L’ex presidente non ha risparmiato critiche a entrambe le parti per le presunte violazioni iniziali della tregua, arrivando a tuonare: “Non sanno cosa c… fanno”.1 Tuttavia, ha anche espresso fiducia nella tenuta dell’accordo, presentandosi al vertice NATO dell’Aja come il pacificatore che ha sventato un conflitto potenzialmente devastante.
Le reazioni: “vittoria storica” per Netanyahu, apertura da Teheran. Trump esulta come se avesse vinto
La tregua è stata accolta con toni trionfalistici in Israele. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu l’ha definita una “vittoria storica che durerà per generazioni”, sostenendo di aver rimosso “due minacce esistenziali immediate: la minaccia di distruzione da parte di bombe nucleari e la minaccia di distruzione da parte di 20.000 missili balistici”. Una posizione che consolida la sua leadership interna e che ringrazia esplicitamente l’alleato americano: “Israele non ha mai avuto amico più grande di Trump alla Casa Bianca”.
Dall’altra parte, il neoeletto presidente iraniano, Massoud Pezeshkian, ha usato toni più misurati ma significativi. Pur confermando l’adesione alla tregua (“Se il regime sionista non violerà il cessate il fuoco, nemmeno l’Iran lo violerà”), ha aperto a una via diplomatica: “L’Iran è pronto a risolvere le divergenze con i negoziati”. Pezeshkian ha ribadito la posizione di lunga data di Teheran, negando l’intenzione di acquisire armi nucleari ma rivendicando il diritto allo sviluppo della tecnologia per usi civili.
Un Accordo Fragile tra dubbi e ripercussioni economiche
Nonostante gli annunci ufficiali, la stabilità della tregua resta un’incognita. Fonti di intelligence statunitense, riportate da media come la CNN e il New York Times, hanno gettato un’ombra sulle affermazioni di Trump, suggerendo che il programma nucleare iraniano sia stato solo ritardato di alcuni mesi e non completamente smantellato. Notizie prontamente smentite dalla Casa Bianca come un tentativo di “screditare Trump”.
Nel frattempo, l’impatto della tregua si è fatto immediatamente sentire sui mercati globali. Il prezzo del gas ha registrato un crollo significativo, mentre le borse internazionali, da Tokyo a Wall Street, hanno aperto in rialzo, testimoniando il sollievo degli investitori per lo scampato pericolo di una guerra allargata in una regione cruciale per gli equilibri energetici mondiali.
Mentre a Tel Aviv le scuole riaprono e si tenta un ritorno alla normalità, l’attenzione della comunità internazionale resta alta. La tregua tra Iran e Israele, mediata in modo così atipico, rappresenta una svolta inattesa. Resta da vedere se sarà la base per un nuovo, seppur complesso, percorso di dialogo o soltanto una breve pausa in una rivalità decennale che continua a plasmare il destino del Medio Oriente.
contributo esterno