In casa azzurri nessuno paga il conto: dal 2018 nessuna riforma

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Il Presidente della Figc, Gabriele Gravina, “non molla”. Ad oggi, ancora, attendendo qualche decisione più in alto di lui resterà in sella e con lui Spalletti. Si allontana l’ipotesi di Massimiliano Allegri come ct azzurro, una suggestione che si era fatta largo nelle ore immediatamente dopo l’umiliazione subita agli ottavi contro la Svizzera.

Alla maggior parte dei tifosi il vertice della Figc, della Lega o del dicastero dello Sport non interessa. La facciata, e la faccia, ce la mette sempre il nuovo ct, è lui il frontman nel bene e nel male. Può andar bene fermarsi appassionarsi al ruolo del commissario tecnico quando hai un sistema calcio che funziona (vedi l’Inghilterra e tutta la questione del ct Southgate che ricorda molto appassionanti dibattiti nostrani), ma in caso contrario ci si deve interrogare su tutto, anche sui vertici.

Il problema non è Gravina, beninteso, ma il sistema che il Presidente della Figc non ha fatto nulla per riformare. La sua frase “continuiamo a lavorare” implicherebbe l’aver fatto finora qualcosa, ma la sensazione generale, come hanno scritto anche diversi giornali, è che semplicemente Gravina sia affezionato alla poltrona ed al ruolo.

Gravina dal 2018 ad oggi: nessuna riforma nel calcio, nessun input alla Lega ed alla Nazionale

Diciamoci la verità: in Figc e Lega calcio a tutto pensano tranne che alle riforme necessarie. Dall’ottobre 2018, Gabriele Gravina è il numero uno della Figc ma di riforme (delle quali si parlava già dal 2010 dopo la disfatta al Mondiale) nemmeno l’ombra. In 6 anni, fondamentalmente, Gravina ha “gestito” portandosi a casa un Europeo nel 2021 ma senza convincere nessuno. In mezzo, ci sono due mancate qualificazioni ai mondiali (mai successo nella storia della nostra Nazionale di calcio).

Dunque, verrebbe da chiedere, che cosa in questi anni Gravina ha fatto per riformare il calcio italiano e cambiare rotta? Quando spiega che “non ho la cultura di scappare o fuggire davanti a grandi responsabilità che mi riguardano”, esattamente a che cosa si riferisce?

Passi la Lega Calcio serie A, che è in sostanza un’associazione privata composta dai club di Serie A, che si fanno le regole da sé pensando solo agli interessi del momento, ma la Federazione Italiana Giuoco Calcio non dovrebbe essere un organo di indirizzo anche sulle riforme? Se pensiamo all’evanescenza, per non utilizzare termini più consoni e forti, che contraddistingue la figura del ministro dello Sport capiamo per quale motivo il nostro calcio vada a rotoli.

Eppure qualcosa si è mosso: Abodi ha criticato la scelta di anticipare le elezioni federali nelle quali Gravina cerca una conferma per “blindarsi”, altra mossa davvero irrispettosa nei confronti dei tifosi. Sulle responsabilità politiche potremmo restare molto a lungo, soprattutto sulle riforme mancate, ma è interessante vederla anche dal lato tecnico.

Le responsabilità tecniche: Spalletti è il meno colpevole tra tutti

Chi si è sentito di dare la colpa esclusivamente a Luciano Spalletti sta facendo male i propri conti. Il ct ha certamente le proprie colpe, non tanto forse sulle convocazioni (veramente scadente e senza stile la polemica social innescata da Politano), quanto sulla gestione del campo durante l’Europeo.

Le idee c’erano ed a casa non è stato lasciato nessun Totti, Del Piero o Baggio. In porta c’è stato un degno erede di Buffon, ma in campo non c’erano certo Pirlo, Gattuso e Cannavaro, né tanto meno Chiellini e Bonucci (che solo 3 anni fa alzavano da protagonisti la coppa nell’ultimo Europeo). Lo stato del nostro calcio ci regala una squadra senza carattere né mezzi tecnici, cosa che Spallettone difficilmente avrebbe potuto correggere.

Certo è corretta l’analisi più cruda di alcuni dei giornalisti più in vista del nostro calcio: portare 10 difensori per giocare a 3 e poi giocare a 4 con molti interpreti fuori ruolo non è stato un bel vedere. Per contrappasso, però, non si può dire che Spalletti non le abbia provate davvero tutte: Scamacca, Retegui, El Shaarawy, Chiesa, Raspadori, Frattesi e chi più ne ha più ne metta. Tutti hanno avuto almeno una chance (miseramente fallita) forse con l’unica eccezione di Zaccagni che per quanto visto poteva giocare di più. Fatto sta che, al di là degli uomini singoli, c’è una squadra che non ha funzionato.

Resti pure Spalletti, anche se l’ideale per una nazionale senza talento forse sarebbe Massimiliano Allegri che è molto bravo a gestire. Il futuro andrebbe capito con anticipo ma si dovrebbe iniziare dalle basi: calcio giovanile obbligatorio, rose composte per la stragrande maggioranza da italiani, campionato a 18 squadre con meno partite ed stop all’assurda autonomia della Lega Calcio di Serie A.

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