Campo largo o campo di calcetto? Il paradosso della politica progressista

0
74
Campo Largo
fotogramma trasmissione Accordi e Disaccordi

Negli ultimi tempi, certi progressisti non fanno che parlare di “campo largo”. Un’espressione talmente abusata che sembrava stessero per inaugurare il Maracanã della politica italiana. Grandi proclami, appelli all’unità, sogni di aperture capaci di travolgere l’elettorato con entusiasmo e innovazione.

La retorica del campo largo contro la realtà dei territori

Peccato che poi, nella concretezza della vita reale – quella fatta di scadenze, firme e presentazioni di liste – il famoso “campo largo” si sia rivelato più un campo di calcetto, e pure con il fondo disastrato. In diversi comuni chiamati alle elezioni amministrative, infatti, le liste di certi progressisti semplicemente non si sono presentate. Sparite. Dissolte come bolle di sapone.

Un cortocircuito tra narrativa nazionale e presenza locale

E qui nasce il cortocircuito: mentre a livello nazionale si continua a sventolare il vessillo del “campo largo”, dell’inclusione, delle grandi alleanze per un futuro diverso, sui territori la realtà è tutt’altra. Altro che inclusione e partecipazione: c’è un’assenza rumorosa di certe forze politiche, che, proprio laddove si dovrebbe competere e rappresentare i cittadini, non scendono nemmeno in campo. Manca l’essenziale: la presenza, la voglia di lottare, l’impegno vero.

Il rischio politico dell’inconsistenza organizzativa

Questo squilibrio tra i proclami nazionali e l’inconsistenza locale non è solo imbarazzante: rischia di essere devastante per i risultati elettorali. Non presentare le liste in tanti comuni significa consegnare il campo agli avversari, significa rinunciare in partenza a intere fette di territorio, significa minare alla base qualsiasi progetto di rilancio politico.

Da campo largo a campetto: la metafora che non regge

E allora uno si chiede: largo de che? Qui siamo al “campetto parrocchiale”, con tre giocatori improvvisati, senza portiere, e l’attaccante che ha dato forfait per una grigliata. Altro che grande coalizione. Qui il massimo delle convergenze è stato tra chi ha preferito postare sui social piuttosto che organizzare una lista seria.

Serve concretezza, non solo narrazione

Se il “campo largo” fosse una metafora agricola, oggi ci troveremmo davanti a un terreno lasciato a pascolo, con due erbacce e un cartello sbiadito. Se fosse davvero un campo sportivo, servirebbero scarpe da trekking per evitare di inciampare nelle buche.

Insomma, la verità è semplice: prima di predicare l’unità e la rinascita democratica, bisognerebbe almeno esserci. Partecipare. Competere. Perché senza liste, senza candidati, senza presenza, il “campo largo” rimane solo un miraggio retorico. Una gigantesca operazione di marketing con un piccolo difetto: non ci sono né giocatori né spettatori.

contributo esterno

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui